LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE RESTITUISCE IL MALTOLTO E L'ONORE AL VALENTE E CORAGGIOSO GIORNALISTA DE 'L'ORA DELLA CALABRIA', CONSOLATO MINNITI, MA EROE DEL GIORNO È L'AVVOCATO AURELIO CHIZZONITI, AUITENTICO "PRINCIPE DEL FORO" CHE IN TEMPO REALE È RIUSCITO A STRAPPARE L'IMPORTANTE DECISIONE
Domenico Salvatore
La Carta Costituzionale, dà e consacra e mette tutti in fila come il mago di Hamelin, ma poi…la magistratura toglie e la Magistratura restituisce. Annullato dalla Suprema Corte di Cassazione, (che risplende come la mitica "Sirenetta" di Copenaghen), il decreto di sequestro e di perquisizione disponendo la restituzione delle cose in sequestro ai legittimi propri. I desideri, espressi da Consolato Minniti al Genio della Lampada di Aladino. Non è la prima e nemmeno la seconda volta, che i giornali ed i giornalisti, finiscano nel mirino, se non nelle grinfie della magistratura. Siamo convinti e persuasi, che neppure sarà l'ultima. Ma poi, per fortuna, tutto torna come prima. Clamore, fragore, rumore per nulla. Dispendio di energie fisiche, spirituali, economiche, culturali evitabilissime. Questa è la nostra opinione, sic et simpliciter. Salvo strascichi al cianuro di potassio, commenti al vetriolo e polemiche velenose; tanto inevitabili, quanto scontati. In questa terra di Calabria, piena di incongruenze e di contraddizioni, la stampa, non è riuscita a fare breccia. Raffaele Nicolò e Franco Cipriani, ex presidente dell'Ordine e segretario del Sindacato si rigirano nella tomba. Sono stati fra coloro, che vollero l'Ordine dei Giornalisti in Calabria. L'attuale presidente Giuseppe Soluri e Carlo Parisi vicepresidente della FNSI, anche segretario regionale del Sindacato, comunque le loro battaglie, le hanno fatte; e continuano a farle. In difesa della libertà di stampa, dei giornali e dei giornalisti. Questo è certo. La notizia è presente su diversi giornali on line e blog. Non tutti però. Questo ci amareggia, addolora e delude. L'invidia e la gelosia, ma soprattutto l'indifferentismo, l'ignoranza, la malafede, il pressapochismo, la pochezza culturale, il qualunquismo e la mancanza di solidarietà, la malafede, dominano incontrastati, in questa terra dove i giornalisti, non sanno fare i giornalisti e gli editori, non sanno fanno gli editori.
Ma, neppure i direttori si salvano. Con le dovute eccezioni s'intende. E meno male, che almeno quelle, ci sono!Chi ci conosce, sa che non abbiamo mai fatto di tutte le erbe un fascio. Scripta manent, verba volant. Qui, da Pantelleria allo Stelvio, si doveva parlare una sola lingua. Il caso era davvero clamoroso. Si metteva in discussione il diritto sacrosanto ed inviolabile di fare stampa. A noi, non interessa se di mezzo ci sia Gazzetta del Sud, il Quotidiano della Calabria o L'Ora di Calabria, Giornale di Calabria, Il Domani, La provincia di Cosenza od altro giornale cartaceo, on line, agenzia di stampa, radio, televisione e così via. Le battaglie di civiltà in difesa dei valori morali ed ideali, del diritto sacrosanto ed inalienabile voluto dai padri della Costituzione, vanno combattute insieme; con tutti i mezzi e gli strumenti, i modi e le maniere della Legge e della legalità. Il diritto alla libertà di stampa, non si tocca. Giullemani dalla comunicazione! Ha vinto la Giustizia, che nonostante gl'incidenti di percorso, rimane il Faro di Alessandria per i naviganti. Ha vinto la Costituzione. Ha stravinto l'avvocato Aurelio Chizzoniti, un Colosso doi Rodi, più volte consigliere, comunale e regionale, principe del foro reggino. Ha vinto L'Ora di Calabria.
Ha vinto Consolato Minniti. Abbiamo espresso la nostra solidarietà al giornale ed al direttore ed ovviamente a Consolato Minniti, un giornalista-coraggio efficiente, efficace e funzionale, uno dei migliori, diciamolo pure e qui ci ripetiamo. Lui sì, che lo meriterebbe un premio. Non diciamo il Premio Pulitzer per dignità. Ma che succede ai don Abbondio della carta stampata? La paura di mettersi contro i giudici, ha cucito le bocche a doppia mandata e le penne dei giornalisti di tutte le testate presenti in queste regioni del profondo Sud; ma anche quelle della così detta comunicazione ufficiale, stampa di regime o filo-governativa, stampa nazionale o altra dicitura. Poco male. In precedenza, non si è strappata i capelli, né si è lacerata le vesti. Se potessimo parodiare la celeberrima battuta di "Via col vento" resa famosa da Rhett Butler ( Clark Gable) e da Rossella O'Hara (Vivien Leigh), diremmo"Francamente me ne infischio". Non possiamo condividere l'omertà. Frutto si dirà, anche di scarsa professionalità, competenza ed esperienza. La Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dall'avvocato Aurelio Chizzoniti, ha annullato senza rinvio il sequestro di telefoni, computer, agende e pen drive del giornalista Consolato Minniti dell'Ora della Calabria. Il legale di fiducia ha calzato gli stivali della sette leghe e correva a perdifiato più del fiabesco "Gatto"? Questa storia, parte dalla pubblicazione, il 12 settembre 2013, di un articolo a firma del cronista, con il quale l'Ora di Calabria informava di una riunione riservata avvenuta a Roma presso la sede della Dna alla quale avevano partecipato alti magistrati della Procura nazionale antimafia per un approfondimento sullo status investigativo afferente le stragi di mafie, preannunciando a conclusione del pezzo incriminato, un ulteriore articolo sull'argomento.
La Legge, consente al giornalista di proteggere la fonte delle sue informazioni, ma certi giudici la interpretano in maniera ostativa. Ed i giornalisti ci rimettono la cotenna, se non la ghirba. L'avvocato Chizzoniti…" Per impedire il seguito e soprattutto per l'evidente tentativo di individuare la fonte genetica della informazione riservatissima, la Procura della Repubblica reggina emetteva un decreto di sequestro e di perquisizione; il ruolo delicatissimo dell'informazione va tutelato sia sul versante costituzionale che dalla convezione europea dei diritti dell'uomo e della salvaguardia della libertà fondamentale; ne derivava l'insequestrabilità di computer, agende dei giornalisti, pc, cellulari, hardware, anche se il sequestro è stato disposto ed eseguito al fine di individuare la fonte anonima di notizie segrete che, nel caso di specie, non poteva che essere stata un "intraneus" alla pubblica amministrazione e che tali certamente non erano né l'allora direttore responsabile Piero Sansonetti né il caposervizio Consolato Minniti. Il Tribunale della libertà aveva successivamente confermato il sequestro. La tutela delle fonti non rappresenta un semplice privilegio concesso al cronista ma caso mai un diritto indispensabile alla libertà di stampa affinché la collettività sia informata su questioni importanti con precisi limiti per le autorità inquirenti le quali non possono intervenire con mezzi invasivi utili a scoprire l'autore di fughe di notizie".
Domanda: ma la stampa calabrese, forse punta dall'arcolaio di Brunilde se non la strega di Biancaneve, dovrà continuare a recitare il ruolo di stracciona della comunicazione, di Cenerentola? Quando diventerà principessa? Non ci sono lupi cattivi. Cappuccetto Rosso e la nonna sono state già estrapolate dal ventre canino, da un cacciatore che si trovava a passare da quelle parti. L'informazione, la comunicazione sono un bene irrinunciabile, senza il quale non vi sarà mai libertà, né democrazia; un tesoro più prezioso di quello di Alì Babà. Che cosa si aspetta, a pronunziare la magica formula…"Apriti Sesamo!" ? Rileggiamo che cosa scrisse Consolato Minniti sulle colonne del suo giornale…" Non ho mai amato utilizzare la prima persona singolare nella stesura di un pezzo, fosse anche un corsivo. Mi è apparsa sempre una forma di rispetto verso i nostri lettori. Ma, dato che questa volta l'oggetto sono io mi perdonerete l'inusuale licenza. Dunque, nella giornata di giovedì una dozzina di poliziotti della Squadra Mobile di Reggio Calabria si è presentata in redazione.La cronaca dei fatti è già nota. Mi trovavo fuori sede, sono giunto e mi è stato notificato un decreto di perquisizione.
Ritenevo che l'attività si esaurisse all'interno dei locali di lavoro; credevo che oggetto dell'interesse dei poliziotti fosse solo la mia postazione o comunque il rinvenimento del "corpo del reato", ossia dei documenti dai quali ho tratto l'articolo sulle stragi di mafia.Evidentemente mi sbagliavo. Perché, e ciò mi preme sottolinearlo subito, sono stato io stesso a mettere nell'immediata disponibilità degli investigatori quel che loro stavano cercando, non appena ho intuito quale fosse l'obiettivo dell'attività.Erano sette fogli con all'interno due distinti verbali di riunione della direzione nazionale antimafia, recapitati anonimamente in redazione qualche tempo prima. Nonostante abbia comunicato tempestivamente che quella era la fonte da cui avevo attinto per la stesura del mio articolo, la perquisizione è andata avanti, estendendosi anche alla mia persona.Mi hanno chiesto di svuotare le tasche dei miei pantaloni. L'ho fatto. Devo riconoscere agli uomini guidati da Gennaro Semeraro e Francesco Rattà il rispetto e la delicatezza avuti nei miei riguardi. Leggevo nei loro occhi quasi un disagio per quell'attività così particolare delegata dalla procura.Così come sono rimasto fisso per qualche minuto a guardare le firme apposte sul decreto di perquisizione.
Nomi di magistrati che incontro quotidianamente, coi quali scambiamo spesso impressioni e sensazioni, che seguo per ore all'interno delle aule di tribunale nei durissimi processi alla criminalità organizzata. Leggere il mio nome su quel foglio non è stata una bella sensazione.Ma per chi fa il nostro mestiere può accadere, si mette in conto. Quel che invece non potevo immaginare era che, di lì a poco, non avrei potuto più comunicare con il mondo esterno, perché anche i miei telefoni cellulari sono stati portati via: foto, sms, chiamate. Ho accettato. La perquisizione si è poi estesa alla mia vettura, passata al setaccio sino alla ruota di scorta; alla mia abitazione, sin dentro una vecchia stalla che si trova a pochi metri dall'edificio.Poi è stato il turno della casa dei miei genitori. Credo sia stato il momento più difficile, lo confesso. Non è edificante per un uomo di 30 anni, che ha anche portato gli alamari sulla giacca, arrivare di fronte ai propri genitori accompagnato da un poliziotto (peraltro straordinariamente umano) che apre la strada ai colleghi che iniziano a frugare dentro armadi, cassetti e scaffali alla ricerca di qualcosa che non ci può essere.Sono rimasto in questura sino all'una di notte in attesa di firmare i verbali di perquisizione e sequestro. Venerdì mattina mi sono spontaneamente presentato in procura, accompagnato dal mio avvocato Aurelio Chizzoniti, dove, davanti al procuratore Cafiero de Raho, ho fornito tutte le delucidazioni richieste. Con il consueto garbo, con rara delicatezza ed enorme rispetto, mi è stato contestato dal procuratore capo di aver divulgato informazioni riservatissime.
Non è tempo di entrare nel merito della pubblicazione. Ritengo di aver fatto semplicemente il mio dovere: pubblicare una notizia di cui sono venuto a conoscenza e che mai, nemmeno per un istante, ho ritenuto potesse nuocere ad un'indagine.Con stupore, rammarico ed infinita amarezza, ho preso atto delle contestazioni mosse. Ma vorrei fosse chiaro che continuo a nutrire la massima fiducia nella magistratura reggina e che ritengo il procuratore Cafiero de Raho una garanzia assoluta. Ciò non significa che rinuncerò ad agire in tutte le sedi competenti per difendere il mio operato. Ho fatto del rispetto della legge, della legalità e della lotta alla criminalità una ragione di vita. Non mollerò. Continuerò a raccontare come ho sempre fatto. Barra dritta verso la meta, che ha un solo nome: la verità!".
Domenico Salvatore
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