Un uomo, Antonio Corigliano, di 30 anni, è stato ucciso in un agguato compiuto da sconosciuti a Mileto, nel vibonese. Corigliano, che era già noto alle forze dell'ordine, era a bordo della sua automobile nel pieno centro della cittadina vibonese quando è stato avvicinato da alcune persone che hanno sparato cinque colpi di pistola. Il trentenne è stato raggiunto in diverse parti del corpo ed è morto all'istante. Sul posto sono intervenuti i carabinieri.
MILETO (V.V.) RIECCO UN MORTO AMMAZZATO, A BORDO DELLA SUA STESSA MACCHINA, STAVOLTA, IN VIA VITTORIO EMANUELE, NEI PRESSI DELLA PIZZERIA "BLUE MOON", INTORNO ALLE ORE 15,30: IL CAMIONISTA ANTONIO CORIGLIANO, 30 ANNI; UN ALTRO ED UN ALTRO ANCORA, MA QUANDO FINIRÁ?
La vittima viaggiava sulla sua auto, una Fiat Punto, quando sarebbe stato avvicinato dai sicari, che hanno sparato una decina di colpi se non di più al suo indirizzo. Sul luogo del mortale agguato, sono giunti i Carabinieri della locale stazione e quelli della Compagnia di Vibo Valentia, diretta dal capitano Diego Berlingieri; e quelli del SIS, la scientifica per le indagini ed i rilevi del caso. La mamma dell'uomo appresa la notizia, avrebbe accusato un malore. Per cui si è reso necessario l'intervento del 118. Gli organi inquirenti, seguono diverse piste. Compresa quella che porta all'omicidio di Giuseppe Mesiano, eseguito il 18 luglio 2013
Domenico Salvatore
MILETO (V.V.) Un agguato in piena regola mafiosa ed in pieno giorno, ma anche in pieno centro. In maniera che tutti vedessero; che tutti sapessero. Ancora è presto per capire se si tratti di una faida tra bande rivali, per il controllo del territorio e di tutte le attività economiche lecite ed illecite. Tuttavia gl'inquirenti non si sbilanciano e almeno in questa fase, si muovono a 360 gradi. Angelo Antonio Corigliano, 30 anni, al momento dell'agguato si trovava davanti ad un bar in via Vittorio Emanuele, una traversa del corso principale del paese, a bordo di una Fiat Punto di colore rosso. Due o tre persone si sono avvicinate a lui, senza destare sospetti; evidentemente non temeva di essere nel mirino della 'ndrangheta; comunque erano persone di cui ci si potesse fidare. Il camionista, è stato ridotto come un colabrodo dai proiettili esplosi da diverse armi ed è crollato di schianto sullo sterzo dell'automobile, in un lago di sangue. I killers, eseguita la loro macabra missione di morte, sangue e rovina, con tutta calma, hanno infilato una traversa e si sono dileguati a bordo di una macchina "pulita". Prima dell'arrivo di polizia, carabinieri e Guardia di Finanza, che in casi del genere, la prima cosa che fanno è l'organizzazione di una cintura militare, intorno al vasto comprensorio. Una retata, nella quale, stavolta, tuttavia non ci è cascato neppure un pesciolino. Esito negativo anche dai blocchi stradali volanti e dal controllo dei pregiudicati della zona e loro alibi-orario. Sono stati eseguiti pure dei guanti di paraffina. Non ci sono testimoni al delitto, ammesso per assurdo che ci sia una scheggia impazzita, disposta a collaborare con la Giustizia.Tutto il peso delle indagini, grava sulle spalle dei Carabinieri del Comando provinciale che si muove agli ordini del colonnello Daniele Scardecchia. Si comincia con la indagini di tipo tradizionale, dossier, fascicolo, intercettazioni telefoniche ed ambientali, spifferi dei delatori, dichiarazioni dei pentiti, passi falsi dei sospettati, interrogatori di parenti, amici e conoscenti, rilievi tecnici, reperti, autopsia, guanti di paraffina, controlli incrociati e così via. Cuore di mamma. Quando ha saputo la ferale notizia, non ha retto ed è crollata, preda di dolore, angoscia, disperazione, incredulità, sbalordimento, tristezza, amarezza, dispiacere; soccorsa dai sanitari del 118. Vittima di qualche losco giro? Ha visto o sentito qualcosa che non doveva? Ha commesso qualche sgarro? "Dietro" un omicidio, c'è sempre il motivo… futile od abbietto. Ed un muro di omertà, grosso così.
Domani, verrà eseguita l'autopsia a cura del perito settore. Dopo la salma verrà restituita alla famiglia per la celebrazione dei funerali, in forma pubblica, a Mileto. Salvo, diversa disposizione del questore di Vibo Valentia, Angelo Carlutti. Gli organi inquirenti, coordinati dal p.m. di turno, che si muove sotto le direttive del procuratore capo della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, seguono diverse piste. Compresa quella della faida per il controllo del territorio e di tutte le attività lecite ed illecite. Tra queste, pure una, che porterebbe in qualche misura al precedente delitto del panettiere Giuseppe Mesiano, ucciso per vendetta o per il rakett delle estorsioni. Padre di Francesco Mesiano, quest'ultimo condannato a 20 anni di galera per l'omicidio del ragazzo americano, Nicholas Green. Assieme ad un altro pezzo da novanta della 'ndrangheta, Michele Iannello. Il pentito (dopo la condanna all'ergastolo) Michele Iannello, che non gode del programma di protezione ha pure detto: "Spero che i ragazzi calabresi studino, che prendano un'altra strada. Spero che si ribellino per distruggere questa 'ndrangheta, che è la vergogna e la rovina della Calabria"
Nicholas Green (Sonoma County, 9 settembre 1987 – Messina, 1º ottobre 1994) è stato un bambino statunitense, vittima a sette anni di un assassinio sull'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria presso l'uscita di Serre presso Vibo Valentia mentre era diretto in Sicilia con la famiglia. L'automobile, su cui viaggiava insieme ai genitori, fonte Wikipedia, il 29 settembre 1994, una Autobianchi Y10, fu accidentalmente scambiata per quella di un gioielliere, da alcuni rapinatori che tentarono un furto, degenerato poi in omicidio. Ricoverato al centro neurochirurgico del Policlinico di Messina morì qualche giorno dopo. Alla sua morte, i genitori autorizzarono l'espianto e la donazione degli organi: ne beneficiarono sette italiani, di cui quattro adolescenti e un adulto, mentre altri due riceventi riacquistarono la vista grazie al trapianto delle cornee.L'evento fece molto scalpore perché all'epoca la donazione degli organi non era una prassi comune in Italia, e questo gesto contribuì a far aumentare gli episodi di donazione d'organi in tutto il Paese. Dalla vicenda fu tratto un film per la televisione dal nome Il dono di Nicholas, con Jamie Lee Curtis ed Alan Bates.
In seguito alla donazione degli organi, i genitori del bambino ricevettero la medaglia d'oro al merito civile con la seguente motivazione: "Cittadini statunitensi, in Italia per una vacanza, con generoso slancio ed altissimo senso di solidarietà disponevano che gli organi del proprio figliolo, vittima di un barbaro agguato sull'autostrada Salerno - Reggio Calabria, venissero donati a giovani italiani in attesa di trapianto. Nobile esempio di umanità, di amore e di grande civiltà. Messina, 1º ottobre 1994." I coniugi Green vennero inoltre ricevuti al Quirinale dal Presidente Scalfaro e al Campidoglio dal sindaco Rutelli. Per il delitto di Nicholas Green vennero indagati e rinviati a giudizio nel 1995: Francesco Mesiano (di 22 anni) e Michele Iannello (di 27 anni), entrambi originari di Mileto (VV); nel 1997 furono assolti dalla corte d'assise di Catanzaro, mentre nel 1998 la corte d'assise d'appello di Catanzaro condannò Mesiano a 20 anni di reclusione e Iannello (in qualità di autore materiale dell'omicidio) all'Ergastolo, sentenza poi confermata in Cassazione. I due si sono dichiarati sempre innocenti; Iannello, ex affiliato alla 'Ndrangheta, decise in seguito di collaborare con la giustizia confessando vari delitti ma professandosi sempre innocente riguardo al delitto del bambino americano, chiedendo la revisione del processo ed accusando suo fratello dell'omicidio. Un'inchiesta aperta dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia in base a tali dichiarazioni ha portato tuttavia ad un'Archiviazione del caso.
Un altro figlio di Giuseppe Mesiano, Fortunato, è stato invece recentemente arrestato per il tentato omicidio del pregiudicato Michele Tavella, rampollo dell'omonimo casato di 'ndrangheta. A proposito del delitto di Giuseppe Mesiano, scrivemmo su queste stesse colonne…"Una storia, solo apparentemente scollata e scollegata da contesti mafiosi. Tutta da verificare, se vi sia di mezzo, una pur sempre possibile situazione passionale. Il Vibonese continua ad ardere, bollire e scottare, peggio del magma infocato della Valle del Bove, sopra Catania. Un delitto, un altro ed un altro ancora. Sparatine, tritolo, lupara, pistole, kalashnikov, bazooka, lanciagranate, bombe a mano. L'altro ieri i Carabinieri di Asti, hanno bloccato un arsenale ( un sacco ed una sporta di pistole e fucili) diretto nel Vibonese. Lo Stato sorveglia e svolge intelligente opera di prevenzione e se occorra di repressione. Un deterrente che ha risolto molte situazioni. Sebbene si continui a sparare, intimidire, spaventare, minacciare, sopraffare. Il Ministero degl'interni si è mosso con sufficiente attenzione. I comandi di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, la DDA di Catanzaro, la DNA, il CSM, fanno tutto il possibile. Compatibilmente con le risorse economiche disponibili, ma non è decisivo.
La cronaca asettica ed impersonale, purtroppo non lascia troppo spazio all'ottimismo. Benchè gli arresti ci siano; i processi si celebrino; le condanne siano chiare e forti; la galera corposa e dura; a parte il famigerato 41 bis; i sequestri e le confische dei beni mobili ed immobili continue. Delle cinque province, due delle quali rischiano l'estinzione (proprio Vibo Valentia e Crotone), la più turbolenta, negli ultimi anni, sembra essere quella di Vibo. La dinamica del delitto, presenta ancora qualche zona d'ombra.
Il killer che conosceva bene le mosse della vittima, si è presentato all'incontro con il Mesiano nelle campagne di Mileto, in provincia di Vibo Valentia, in un casolare, definito anche "villetta di campagna", che si trova alle spalle di una fabbrica di ceramiche ormai in disuso: non si è ancora capito bene se si sia trattato di un regolamento di conti; di un appuntamento per un chiarimento; di una vendetta privata e personale, di rackett delle estorsioni o di un movente passionale, che comunque, di prassi, figura sempre nel ventaglio di ipotesi; per risalire all'esecutore materiale del delitto ed all'eventuale mandante.
I due, hanno avuto qualche discussione, un alterco, un battibecco, una baruffa?Non è chiaro. Sta di fatto che ad un certo momento il sicario, abbia estratto la pistola ed incominciato a sparare. La vittima designata raggiunta al capo ed al tronco è stramazzata in un lago di sangue.
Il corpo, oramai senza vita è rimasto lì per tutto il pomeriggio. Solo a sera la famiglia si è mossa per andare a cercarlo. Sul posto, i carabinieri della Stazione di Mileto e quelli della Compagnia di Vibo Valentia, diretta dal capitano Diego Berlingieri col maggiore Massimo Carrara; tutti agli ordini del comandante provinciale Daniele Scardecchia; in sinergìa anche la Squadra Mobile di Vibo, diretta dal vicequestore aggiunto Antonio Turi. Nonché il p.m. di turno, Michele Sirgiovanni, che si muove sotto le direttive del procuratore capo della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo; il medico legale Katiusha Bisogni e la ditta del caro estinto. Domani si svolgerà l'autopsia a cura del perito settore, nominato dal Tribunale. Poi, la salma verrà restituita alla famiglia per i funerali, che si svolgeranno a Mileto, in forma pubblica. Salvo diversa decisione del questore di Vibo Valentia. Le indagini. Sotto la lente d'ingrandimento degl'investigatori, diverse ipotesi circa la causale o movente del delitto.
Non trova molto spazio all'origine del delitto l'ipotesi di una vendetta del rakett delle estorsioni, legata agli interessi economici nel settore della panificazione. Giuseppe Mesiano era il padre di Francesco Mesiano, che di recente, ha finito di scontare una condanna a 20 anni di carcere per quell'omicidio. Padre anche di Fortunato Mesiano, il 39enne arrestato nel maggio scorso; catturato a Biassono dai Carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia, supportati dai colleghi di Monza; accusato del tentato omicidio di Michele Tavella, 38 anni, con precedenti compiuto a Mileto.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, ad inchiodare Fortunato Mesiano sono le immagini registrate da una telecamera che lo ha ripreso nell'atto di sparare contro Michele Tavella, il 31 dicembre 2012. Tavella poi, è morto in un incidente sul lavoro il 6 luglio, quando è rimasto schiacciato da un trattore. Per cause ancora da accertare, il mezzo agricolo si e' ribaltato finendo in un dirupo; un sinistro, su cui ancora s'indaga. Per il delitto Mesiano, procede la Procura della Repubblica di Vibo Valentia, diretta dal procuratore capo Mario Spagnuolo. Salvo diversa decisione del procuratore capo della DDA di Catanzaro, Antonio Vincenzo Lombardo. Qualora dalle indagini in corso, dovessero emergere elementi del tipo mafioso. Non si hanno notizie invece, del mezzo usato dal giustiziere, che di solito viene dato alle fiamme, per impedire di risalire a qualsiasi traccia utile". La magistratura ordinaria e la DDA di Catanzaro, seguono l'evoluzione dei fatti, giocando ora di prevenzione ed ora di repressione. Lo Stato non vuole perdere questa partita, ma il braccio di ferro, si fa sempre più duro.
Domenico Salvatore