Una Chiesa povera alla ricerca dei poveri materiali, ma anche i poveri spirituali, quelli che magari hanno tanti beni materiali ma non hanno la bellezza, l'amore, la verità, il senso della vita, la risposta alle loro domande più profonde. Francesco, definito pontefice "buono come Papa Giovanni", che vuole una Chiesa povera, militante e missionaria "costruita a somiglianza di un Dio misericordioso, che non giudica ma perdona; candido come una colomba ma furbo come una volpe, scrive al quotidiano in risposta alle domande su fede e laicità di Eugenio Scalfari per sua stessa definizione "non credente" e di "cultura illuminista" ma "da molti anni interessato e affascinato dalla predicazione di Gesù di Nazaret, figlio di Maria e Giuseppe, ebreo della stirpe di David: "Lungo i secoli della modernità, si è assistito a un paradosso: la fede cristiana, la cui novità e incidenza sulla vita dell'uomo sin dall'inizio sono state espresse proprio attraverso il simbolo della luce, è stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione". "È venuto ormai il tempo" di "un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro . La fede cristiana, crede questo: che Gesù è il figlio di Dio venuto a dare la sua vita per aprire a tutti la via dell'amore"
QUELLA LETTERA DEL PAPA SU "REPUBBLICA" A CHI NON CREDE, CARO EUGENIO TI SCRIVO…
Domenico Salvatore
Le parole più gettonate della ultime settimane sui mass-media, sono: coscienza e fede. A parte le oramai celeberrime domande poste a Sua Santità, dal fondatore di "Repubblica" Eugenio Scalfari: "Se una persona non ha fede nè la cerca, ma commette quello che per la Chiesa è un peccato, sarà perdonato dal Dio cristiano?". Seconda domanda: "il credente crede nella verità rivelata, il non credente pensa che non esista alcun assoluto e quindi neppure una verità assoluta, ma una serie di verità relative e soggettive. Questo modo di pensare per la Chiesa è un errore o un peccato?". Terza domanda, se, come ha detto il Papa nel suo viaggio in Brasile:" Anche la specie umana come tutte le cose che hanno un inizio e una fine scomparirà, scomparirà con essa anche il pensiero di Dio, perchè nessuno sarà più in grado di pensarlo? Illuminante il 'lancio' dell'Agenzia Ansa…"''Mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede''; ''la questione per chi non crede in Dio sta nell'obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c'è quando si va contro la coscienza''. Lo scrive papa Francesco in una lettera a Repubblica con cui risponde alle domande su fede e laicità che gli aveva posto Eugenio Scalfari.''Premesso che - ed è la cosa fondamentale - la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell'obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c'è quando si va contro la coscienza''. Così papa Francesco risponde con una lettera a Repubblica - che il giornale pubblica oggi in apertura - agli interrogativi su fede e laicità posti dal fondatore del quotidiano, Eugenio Scalfari, e in particolare alla domanda ''se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede''. ''Ascoltare ed obbedire'' alla coscienza, spiega Bergoglio, significa ''decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire''.
Il pontefice risponde poi ad altri temi chiave che il laico Scalfari aveva posto. Al quesito se sia peccato credere che non esiste alcun assoluto, il papa risponde così: ''io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità 'assoluta', nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l'amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione!'' Alla domanda se, con la scomparsa dell'uomo sulla terra, scomparirà anche ''il pensiero capace di pensare Dio'', Francesco risponde che Dio ''non è un'idea, sia pure altissima, frutto del pensiero dell'uomo''. ''Dio non dipende, dunque, dal nostro pensiero. Del resto, anche quando venisse a finire la vita dell'uomo sulla terra'', ''l'uomo non terminerà di esistere e, in un modo che non sappiamo, anche l'universo creato con lui''.Papa: conventi chiusi accolgano i rifugiati - Il papa ha fatto visita al centro Astalli, nel cuore di Roma, per i rifugiati dove si e' intrattenuto per circa un'ora e mezza. Bergoglio è giunto senza scorta con la sua consueta focus blu, a bordo della quale c'era il capo della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani. Francesco ed è stato accolto dal cardinale vicario, Agostino Vallini e dal direttore del centro padre Giovanni La Manna. All'ingresso della mensa si è intrattenuto con alcuni rifugiati, in gran parte africani ed ha poi fatto un gesto di saluto verso la folla dei fedeli che lo hanno applaudito ed acclamato a gran voce. Entrando nel Centro Astalli, la struttura romana dei Gesuiti per l'accoglienza dei rifugiati, il primo gesto di Papa Francesco è stato di avvicinarsi a una donna incinta dando la benedizione a lei e al bimbo che portava in grembo.
Il Papa è subito stato circondato dalla folla dei rifugiati con cui si è intrattenuto salutandoli e dando loro la benedizione.'Conventi chiusi accolgano i rifugiati'- "Grazie perché difendete la vostra dignità ma anche la nostra dignità umana". Questo uno dei passi del discorso, durato circa venti minuti, pronunciato da Papa Francesco ai rifugiati durante la visita al centro Astalli di Roma. Non basta dare un panino, ma bisogna accompagnare queste persone. A cosa servono alla Chiesa i conventi chiusi? I conventi dovrebbero servire alla carne di Cristo e i rifugiati sono la carne di Cristo". Lo ha detto Papa Francesco, durante il suo discorso nel centro Astalli, ipotizzando l'utilizzo dei conventi chiusi per l'accoglienza dei rifugiati. Agli operatori del centro Astalli, il Papa ha detto che bisogna "tenere sempre viva la speranza! Aiutare a recuperare la fiducia! Mostrare che con l'accoglienza e la fraternità si può aprire una finestra sul futuro, più che una finestra, una porta, e più si può avere ancora un futuro". "Ed è bello - ha aggiunto Bergoglio - che a lavorare per i rifugiati, insieme con i Gesuiti, siano uomini e donne cristiani e anche non credenti o di altre religioni, uniti nel nome del bene comune, che per noi cristiani è espressione dell'amore del Padre in Cristo Gesù. Sant'Ignazio di Loyola volle che ci fosse uno spazio per accogliere i più poveri nei locali dove aveva la sua residenza a Roma, e il Padre Arrupe, nel 1981, fondò il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, e volle che la sede romana fosse in quei locali, nel cuore della città".
I "conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi". Lo ha detto il Papa agli ospiti del centro Astalli, ribadendo che i "conventi vuoti non sono nostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati. Il Signore chiama a vivere con generosità e coraggio la accoglienza nei conventi vuoti" e che possono servire per accogliere i rifugiati. Non dobbiamo avere paura delle differenze - "Molti di voi siete musulmani, di altre religioni; venite da vari Paesi, da situazioni diverse. Non dobbiamo avere paura delle differenze. La fraternità ci fa scoprire che sono una ricchezza, un dono per tutti. Viviamo la fraternità". Lo ha detto il Papa al centro Astalli. Solidarietà è una "parola che fa paura per il mondo più sviluppato. Cercano di non dirla. E' quasi una parolaccia per loro". Ma solidarietà, ha aggiunto, "è la nostra parola! Servire significa riconoscere e accogliere le domande di giustizia, di speranza, e cercare insieme delle strade, dei percorsi concreti di liberazione". I poveri e la promozione della giustizia non devono essere affidate soltanto a degli "specialisti", ma devono essere "un'attenzione" di tutta la Chiesa. Lo ha detto il Papa nel corso della sua visita a centro Astalli per i rifugiati.
"Per tutta la Chiesa è importante che l'accoglienza del povero e la promozione della giustizia non vengano affidate solo a degli 'specialisti', ma siano un'attenzione di tutta la pastorale, della formazione dei futuri sacerdoti e religiosi, dell'impegno normale di tutte le parrocchie, i movimenti e le aggregazioni ecclesiali. In particolare, e questo è importante e lo dico dal cuore, in particolare vorrei invitare anche gli Istituti religiosi a leggere seriamente e con responsabilità questo segno dei tempi", ha concluso il Papa". Una lettera, diventata famosa, quanto le domande di Scalfari, che ha avuto il merito di rilanciare alla grande su tutti i canali della comunicazione ufficiale, il dibattito su informazione e fede; scienza e fede; empirismo e razionalismo; scristianizzazione e desecolarizzazione e così via; ma anche nei convegni, nelle assemblee, nelle tavole rotonde, nei talk-show, nelle trasmissioni radio-televisive d'intrattenimento culturale, di riffe o di raffe, se ne parla e se ne discute. D'altra parte l'argomento è di così grande interesse generale, da non poter essere sviscerato e liquidato in quattro e quattr'otto. Intanto il pensiero di Eugenio Scalfari:" Credo che il Papa, che predica la Chiesa povera, sia un miracolo che fa bene al mondo. Ma credo anche che non ci sarà un Francesco II. Una Chiesa povera, che bandisca il potere e smantelli gli strumenti di potere, diventerebbe irrilevante. È accaduto con Lutero ed oggi le sette luterane sono migliaia e continuano a moltiplicarsi. Non hanno impedito la laicizzazione anzi ne hanno favorito l'espansione. La Chiesa cattolica, piena di difetti e di peccati, ha resistito ed è anzi forte perché non ha rinunciato al potere".
C'è molta carne al fuoco. Del resto Scalfari sostiene che…" C'è un punto che impedisce di accettare questa conclusione. Uno solo, ma capitale. Esso riguarda la teoria del caso contrapposta a quella della provvidenza o se si vuole del destino. Ho la sensazione che il pensiero scientifico, che sta lavorando con sempre maggiore attenzione e intensità intorno alla casualità dell'evoluzione, non sia ancora interamente consapevole che questo è veramente il nocciolo del problema conoscitivo e che su questo terreno vi sarà scontro frontale con ogni religione, o se volete, con la religiosità come categoria dello spirito. Ed ho la sensazione che la chiesa, dal canto suo, non abbia ancora compreso che si sta profilando un modo d'intendere la conoscenza destinato a ricreare una frattura insuperabile tra fede e scienza. Fino a quando infatti la scienza moderna si è basata su processi determinati e la libera ricerca ha proceduto lungo le strade della causalità, essa è rimasta perfettamente compatibile con la fede e la trascendenza Non a caso la tomistica fece interamente propria la logica aristotelica e basò sul rapporto causa effetto la prova dell'esistenza di Dio ottenuta per via deduttiva fino a quando il pensiero scientifico è rimasto saldamente ancorato alla ricerca induttiva delle cause e alla ricerca deduttiva degli effetti, le strade della scienza e quelle della fede sono state parallele; in molti casi, non convergenti, soprattutto per il ritardo ecclesiastico ad aggiornare l'interpretazione delle Scritture oggi raccomandata dal Papa, ma non sostanzialmente divergenti.
A ben guardare, lo stesso determinismo positivistico, che alla fine del secolo scorso sembrò l'avversario più radicale delle dottrine della Chiesa, con la sua concatenazione di cause che producono effetti che a loro volta diventano cause di ulteriori effetti successivi, non contraddiceva la tesi di San Tommaso sul primo motore. A suo modo, anche il determinismo postula un destino o quanto meno una necessità." La fede. La parola fede è propriamente intesa come il credere in concetti, dogmi o assunti in base alla sola convinzione personale o alla sola autorità di chi ha enunciato tali concetti o assunti, al di là dell'esistenza o meno di prove pro o contro tali idee e affermazioni. Anche soltanto in ambito religioso la parola "fede" ha molti significati o quantomeno coloriture. A volte, fonte Wikipedia sta a indicare la lealtà nei confronti della propria religione (è in questi termini che si parla, ad esempio, di "fede cattolica"). In alcune religioni, la fede è costituita dal fatto che certe asserzioni vengono ritenute vere; in altre religioni, che non sono basate su un certo "credo" codificato, la fede consiste nella lealtà nei confronti della propria comunità religiosa. Altre volte si intende per fede un certo modo di relazionarsi a Dio (e di assumere reciprocamente degli impegni, come nel caso dell'ebraismo). In questo caso, "fede" diventa sinonimo di "fedeltà".
Un tale modo di relazionarsi alla divinità non implica alcuna sottomissione acritica se non quella relativa alla credenza dell'esistenza della divinità stessa. Per alcuni la fede diventa elemento di identità (qualcuno può pensare a sé stesso ad esempio come a un "musulmano" o a uno "scettico").La critica del razionalismo è che una siffatta fede sia irrazionale. Secondo questa prospettiva, la credenza andrebbe limitata a ciò che è sostenibile tramite la logica, oppure all'evidenza dei fatti. Molte religioni riconoscono comunque nella ragione e nella logica un mezzo da affiancare alla fede per giungere alla verità (all'interno del cattolicesimo, ad esempio, l'enciclica Fides et Ratio esprime questo concetto).A volte si intende per fede la credenza nell'esistenza di Dio, distinguendo tra la convinzione personale e quella che è materia di una certa confessione religiosa. Molti ebrei, cristiani e musulmani sostengono che esiste un sufficiente numero di prove storiche sia dell'esistenza di Dio sia del suo intervento nelle questioni umane. Di conseguenza, a loro avviso, non c'è bisogno di una fede in Dio a dispetto dell'evidenza contraria; si tratta piuttosto di affermare l'evidenza, e di utilizzare al più la logica per chiarire chi o cosa sia "Dio", e perché sia opportuno credere in lui. Per queste persone la fede è dunque un sinonimo di "conoscenza di Dio".
Infine, alcuni credenti –– e molti critici – usano spesso il termine "fede" come assenso a una certa credenza, anche in mancanza di qualsiasi prova a favore e spesso in aperta negazione dell'evidenza. Molti ebrei, cristiani e musulmani ammettono del resto che, anche quando fosse possibile rintracciare prove concrete a supporto della loro fede in Dio, essa non sarebbe per questo più salda. Questa nozione di "fede" rifiuta di rinchiudere il discorso nell'ambito della logica. Una forma di fede simile a questa è chiamata fideismo: si "deve" credere nell'esistenza di Dio, senza basarsi su alcuna prova o convinzione o argomento razionale. Una tale prospettiva è spesso associata al pensiero di Søren Kierkegaard (e in particolare alla sua opera Timore e tremore), e ad altri pensatori religiosi facenti capo all'esistenzialismo. William Sloane Coffin ha affermato che "fede" non è accettazione senza dimostrazione, ma fiducia senza riserve.Raimon Panikkar ha proposto al riguardo la seguente distinzione: per "fede" si intende la capacità di aprirsi all'ulteriorità, a qualcosa di più, di oltre; si tratta di una capacità che non ci viene data né dai sensi né dall'intelletto (Panikkar si richiama alla filosofia cristiana, che distingueva tra credere in Deum – apertura al mistero – credere Deo – fiducia in ciò che può essere stato affermato da un essere supremo – e credere Deum – credere nella sua esistenza).
La fede (in Deum) non ha oggetto; è il pensiero che ha un oggetto; se la fede avesse un oggetto sarebbe ideologia, un frutto del pensiero, mentre la divinità affiora oltre il pensiero. La "credenza" è invece la formulazione, l'articolazione dottrinale, compiuta ordinariamente da una comunità, che si è progressivamente cristallizzata in proposizioni, frasi, affermazioni e, in termini cristiani, dogmi. Credenza è l'espressione simbolica, più o meno coerente, della fede che spesso viene formulata in termini concettuali. Infine la parola più gettonata…"coscienza", in etica, come capacità di distinguere il bene e il male per comportarsi di conseguenza, contrapposta all'incoscienza, dal latino Cum-scire ("sapere insieme") ed indicava originariamente un determinato stato interiore di un individuo. Anticamente con coscienza si intendeva qualcosa di diverso da ciò che si ritiene oggi nell'ambito psicologico e filosofico. Non tutti gli antichi dividevano l'uomo in mente e corpo. Anzi, era molto diffusa l'idea (oggi tornata alla ribalta) che l'uomo avesse tre funzioni relativamente indipendenti chiamate "centro intellettivo", "centro motore-istintivo" e "centro emozionale", collocate rispettivamente: in una parte dell'encefalo, nella parte terminale della colonna vertebrale (dove un tempo nell'uomo compariva la coda) e nella zona del plesso solare, in quelli che sono oggi chiamati "gangli del simpatico e del parasimpatico". Ebbene "coscienza" indicava quello stato interiore di sintonia tra i tre centri (sapere insieme) che, se raggiunto, permetteva all'uomo di elevare la propria ragione. Siamo solo agl'inizi del dibattito che a giudicare dagli approcci sarà piuttosto lungo e ricco di opinioni contrapposte.. Domenico Salvatore
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