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Metafora e realtà. Due percorsi che hanno una loro voce nella letteratura del Novecento. Un interprete fondamentale di questo raccordo resta Renato Serra che con il suo Esame di coscienza di un letterato propone un'interpretazione in cui il modello chiave è il rapporto tra il lessico della parola e la vita.
L'opera di Geppo Tedeschi, tra metafora e rivoluzione futurista, è interamente attraversata da una diversità di aspetti che andrebbero sezionati in veri e propri momenti, ma ciò che interessa è l'anima con la quale il canto, il grido, il segno vengono coniugati sulla pagina. Non va dimenticato che la sua ricerca è un andare nel profondo. Oggi si caratterizza grazie a un paesaggio epocale che fa storia, che dà volto all'immagine di una civiltà per la quale l'uomo costituisce l'età dell'essere.
Nell'Aeropoema di Tedeschi vi sono i tratti dell'originalità. Una originalità che ci porta a scoprire versanti significativi. Così si esprime Marinetti: "L'originalità degli aeroporti sorella della originalità degli aeropittori aeroscultori aeromusicisti aeroarchitetti, ci porta all'infinitamente grande ed allo stratosferico mentre la poesia dei tecnicismi di altri futurismi non meno ispirati ci porta nell'infinitamente piccolo della biochimia dei commerci e delle metamorfosi industriali di un canneto mutato in seta e di un latte mutato in vestito". Un segnale preciso che ci indica in che modo Geppo Tedeschi si rivolgeva alla cultura di una stagione fervida di interessi e di attività. Il suo poema dedicato (ne abbiamo già citato un passaggio) a Il Golfo di Spezia resta in questo senso una testimonianza emblematica.
Tedeschi raccoglie la sfida lanciata appunto da Marinetti a tutti i poeti d'Italia. Questo poema è stato declamato, insieme ad altri, il 3 e 4 ottobre del 1933, nel Teatro Civico della Spezia.
Tedeschi aveva accolto la sfida di Marinetti, il quale si era espresso in questi termini: "Vi sfido tutti a battermi, se lo potete, il primo ottobre. Il mio Golfo della Spezia nascerà quando mi recherò a settembre nelle sue acque radiose e musicali per nuotare e poetare insieme".
La sfida non aveva soltanto un valore letterario e poetico. Aveva una sua indicazione civile. Ed è proprio questa indicazione che ha avuto un immenso riscontro. Da qui il discorso diventa più complesso. Si entra nel vero e proprio viaggio letterario di Geppo Tedeschi. Si entra in quella dimensione che è movimento. E il movimento è trasmissione. Tra il movimento e la trasmissione si instaura quella tensione che è tensione armonica. La tensione armonica e il gesto libero nella poesia di Geppo Tedeschi formano un circuito dove la parola si incontra col dettato poetico. Il gesto è nella parola. La parola compie un gesto. Vi è, dunque, una armonia che si stende lungo un tracciato che ha sostanzialmente un peso dovuto sia al tipo di ricerca che all'individuazione di una identità culturale. E questa identità è una identità futurista. Il gesto è un gesto futurista. Così la parola nella quale si condensano le attività linguistiche di un'arte e di un gusto che restano testimonianze di un uomo e di un'epoca. Testimonianza ma anche esperienze e con le esperienze la capacità di capire il volto di una civiltà nella quale il tempo e la caduta del tempo costituiscono una delle chiavi interpretative. Ma per capire questa civiltà non occorrono grosse interpretazioni e imponenti pretese.
La poesia di Geppo Tedeschi è certamente una poesia che ha ritagliato una cornice all'interno di un contesto frastagliato e complesso. Una cornice importante la quale non può certamente essere trascurata sia in una realtà letteraria italiana che regionale. La letteratura calabrese del Novecento deve tener conto della poesia e della presenza di Geppo Tedeschi. Deve tener conto del Futurismo e della sua evoluzione.
F. T. Marinetti nella Prefazione alla I Edizione di Corto Circuiti (1938) scrive: "L'aeropoesia futurista calabrese di Geppo Tedeschi ha già dato a l'Italia molti versi liberi e parole in libertà che perfezionando i principi di sintesi e di dinamismo in questi "corti circuiti" offrono al lettore intelligente e sensibile splendide originalissime fusioni di valvole, fusioni viola-arancione, cioè bruciate nel tragico della vita virilmente spremuta fino ad esplodere con lo splendore solare delle coste calabre sicule africane".
E' una osservazione toccante. Lo è per vari motivi. Sul piano letterario esamina alcuni punti focali e li mette a confronto con il gusto del colore. Sul piano umano fa emergere un dato mai trascurato che è quello dell'appartenenza alla terra calabra. Marinetti ci teneva a sottolineare questo aspetto.
In Geppo Tedeschi questi due momenti si fonderanno. Basta ricordare i versi raccolti in Ruralismo calabrese (1942) o addirittura Tempo di aquiloni (1963). In queste due raccolte il colore e l'immagine, la proiezione della memoria e la terra dànno vita ad una esplosione musicale intensa e densa di contorni.
Marinetti nella sua Prefazione prosegue: "Talvolta la sua poesia breve e musicalissima, mi fa pensare a certi suonatori ambulanti di fiera e villaggi amanti di strumenti fonici come i guerrieri medievali erano armati di ferro, ardire crudeltà". Un gioco di contorni ma anche di scene. Un gioco di vedute ma anche di ansie. Un gioco che conosce molto bene la parola e il senso. Un gioco che non si assenta dall'armonico suono. E ancora Marinetti che afferma: "La sua poesia suona sinteticamente e simultaneamente tutta con piedi, ginocchia, pancia, testa, mani e bocca. Per calamitare cosmicamente anime e corpi primaverili la poesia del Futurista Geppo Tedeschi è talvolta paragonabile all'assieme delle tastiere dei grandi organi delle cattedrali modernizzate che io defluisco, con parola nuova, politastiera…".
"Lo fiutano e scaccando le vetrate diventano cielo musicale e rumorista nel cruscotto di un aeroplano, questa politastiera d'azzurri".
Siamo vicini al gesto del rito. Prima si sono citati i "guerrieri medievali" ora si è dentro una "politastiera". Ma le due cose hanno una comunanza, ed è quella della parola detta come segno di una sacralità. Certo in Geppo Tedeschi questo avvicinamento ad una dimensione del sacro è qualcosa di profondo. Lo si avverte nel respiro della parola. Lo si sente nell'affiato del verso. Lo si constata nel paesaggio del poema. Lo si ascolta nella tensione religiosa dei versi raccolti in Tempo di aquiloni. Il suo futurismo resta legato all'età del poema. Ci riferiamo alla prima edizione (che risale al 1932) del Poema Gli affari del primo porto Mediterraneo di Genova, a Il Golfo di Spezia (prima edizione 1933), a Idrovolanti in siesta sul Golfo di Napoli (si tratta di un Aeropoema del 1937), a Corti circuiti (1938), al Poema "Ala" Parole in libertà Lotta tra la serra e il gomitolo, a Il suonivendolo (la cui prima edizione risale al 1939). Al 1940 risalgono I canti con l'acceleratore dove si avverte una tensione linguistica protesa verso un costante rinnovamento. Ma il Futurismo di Tedeschi (d'altronde tutta la poesia futurista) va verso un continuo sviluppo e si apre a continue riprese di rinnovamento. Ma con Ruralismo calabrese del 1942(aeropoema futurista) il viaggio ha ulteriori sviluppi sia tematici che linguistici. L'immagine di un ritorno alla terra non conosce soste.
La Calabriaè calata, con la sua atmosfera e quindi con i suoi colori, nel tempo delle parole. Malinconia e riprese nostalgiche si agitano all'interno di questa ricerca. La tematica futurista si incontra con altre esigenze esistenziali. Il paese viene presentato attraverso chiaroscuri che hanno una sottile liricità.
Il ricordo, il tempo che fugge, il "crepuscolo" del paese sono cose raccolte in una atmosfera mitica, la quale (è qui il suo futurismo) non ha rivolgimenti verso la nenia del passato ma guarda avanti. Ed è questo proiettarsi in avanti che rende viva e nuova la poesia di Geppo Tedeschi.
La distinzione è nel linguaggio. La poesia non sfugge al linguaggio. In queste poesie è subentrata la consapevolezza degli addii. La poesia di Geppo Tedeschi si presenta attraverso uno sviluppo che tocca diverse stagioni. Dagli anni del Futurismo alla poesia di oggi costituisce un viaggio affascinante. Ma la sua poesia non può essere isolata soltanto a un determinato periodo. Abbraccia un'epoca. La si deve cogliere per quello che riesce ad esprimere nella sua totalità. Certo si possono far prevalere dei momenti particolari invece di altri ma non si possono creare delle esclusioni forzate.
Giuseppe Lipparini nella Prefazione a Liriche epigrafiche osserva: "Futurista era, non tanto per ragioni teoriche quanto per l'impianto spontaneo della sua indole meridionale.
"Gli piacevano le belle immagini ampie ed ariose, amava il paesaggio, per la ricchezza dei colori e per quel senso rioposante di lontananze spezzate. E aspirava soprattutto, alla rara virtù della concentrazione poetica.
"Ma anche nel futurismo non gli riusciva di essere eccessivo o stravagante; c'era sempre in lui, forse per una lontana parentela con gli Elleni della Magna Grecia, un senso della misura che gli faceva da freno".
Siamo al 1951. Molte esperienze sono state già vissute e consumate. Molte idee hanno trovato un loro sviluppo a sé. E Geppo Tedeschi è già in una stagione poetica nuova. Ancora una volta la metafora supera la realtà.
La sua poesia futurista rimane al centro della sua ricerca. I suoi Poemi segnano il momento più alto in un vantaggio che andrà sempre oltre.
Nel suo Futurismo, nel suo andare fra le parole e le azioni, l'anima della sua terra non va mai smarrita. Anzi compare spesso e spesso viene ricordata anche dai suoi critici. Questo segno di appartenenza alle origini (alla sua terra) avrà delle evoluzioni. Costituirà alla fine (ci riferiamo alle poesie ultime) una vera e propria dimensione poetica.
Geppo Tedeschi, nato nel 1907 a Oppido Mamertina e morto a Roma nel 1993, ha dato alla parola una universalità che è difficile riscontrare in altri poeti contemporanei. Ha cantato e ha parlato della sua terra con un candore e un linguaggio vivo, reale e lirico. La realtà innovante si trasforma in una metafora del viaggio tra la geografia e l'essere. Non si è mai smarrito in un racconto sterile. Non si è mai abbandonato ad una denuncia senza senso. La poesia non è mai denuncia. È testimonianza soprattutto.
In Geppo Tedeschi la trasmissione diventa testimonianza, perché la vita è testimonianza, perché vivere è testimoniarsi. E la testimonianza di Geppo Tedeschi è viva in un passato che non si dimentica e in un avvenire cha ha bisogno ancora di un passato che ha luci e colori, gesti e significati. La sua forza è nella traducibilità.
I valori della sua poesia hanno àncore antiche che non segnano il passo ma si aprono ad un dialogo costante e lucido con la ricerca poetica contemporanea. Bisogna scavare nella parola per vivere il tempo della contemporaneità. Ecco perché in Tedeschi la realtà è uno spaginamento delle "cose" per trasformarle in metafore.
La realtà non ha durata. Non esiste il tempo del reale. Il tempo della metafora sì. Il Futurismo è il tempo dell'allegorica ironia dentro la visione della metafora. Su questa strada Geppo Tedeschi ha segnato incisi permanenti. Tra realismo e futurismo c'è la vita della metafora. Tedeschi aveva in grande considerazione il critico Renato Serra, il quale "profetizza" la durata del Futurismo. Forse anche per questo in una lettera a me indirizzata considera la mia scrittura critica "…alla Renato Serra".
di Pierfranco Bruni
Ricordare padre Salvatore Discepolo a un anno, in gennaio, della sua scomparsa è come ricomporre tasselli nel mosaico degli incontri che ti sono camminati dentro. Ho scritto proprio un anno fa su padre Discepolo (nato a Napoli nel 1927 e morto a Grottaglie il 21 gennaio 2013). Ma l'altra sera, ripresentando il nostro libro su San Giuseppe Moscati, me lo sono trovato accanto ed è stato come se dialogassi con lui, con padre Rastrelli, che ha prefato il nostro Moscati, con padre Ferdinando Castelli scomparso il 13 dicembre scorso.
La famiglia dei Gesuiti, ho detto, è un viaggiare tra la
devozione, la misericordia e la consapevolezza della missione. Anche nella letteratura c'è un viaggio che è missione. Senza il valore della vita vissuta come missione il senso della parola in letteratura non avrebbe senso.
In molte occasioni ho parlato di ciò con padre Discepolo proprio quando si affrontavano questioni legate a poeti e scrittori. Ho già sottolineato, in altra occasione, l'importanza del nostro dialogare su Cesare Pavese. Uno scrittore che è stato nella "accettazione" volente o nolente del tragico inquieto in una interpretazione che la luce dei Gesuiti ha disegnato come l'uscita dalle tenebre.
Ma oltre a Pavese il nostro dialogare è caduto su altri problemi e su altri scrittori. Parlammo di padre Castelli e dei suoi saggi dedicati ad una interpretazione della letteratura. Ma ricordo che tra me e padre Discepolo ci fu un interloquire che mi portò indietro di decenni e il protagonista di ciò era un libro di Giuseppe Berto dal titolo: "La Gloria".
A questo autore anche padre Castelli ha dedicato molte pagine. È nella tradizione dei gesuiti scavare nel dubbio e nel tentativo dell'ignoto di sradicare le coscienze dal dubbio. Ma loro sanno bene che occorre impegnare l'anima per far diventare Cristo una vera "insonnia del mondo".
Ebbene, con padre Discepolo parlammo di Berto. Perché? Perché io non smetto di far primeggiare nei miei scritti la figura di Giuda. Giuda è il protagonista che ha reso sempre vivo e presente Gesù. E Berto intavola un dialogo in un articolato colloquio tra Giuda e Gesù. Chi è stato a tradire? Il dubbio cammina nei pensieri dell'insonnia?
Padre Discepolo mi ha sempre detto che restano entrambi non nella storia o nel destino, ma per disegnare, lungo il cammino, il male e il bene. Su questo argomentare si sono aperte diverse finestre. Io che raccolgo la sfida dell'al di là del bene e del male (nicciana visione che non è mai ragione della storia ma è sempre più rivolta nei confronti di un "anticristo") ho letto nelle suggestioni di padre Discepolo un messaggio di continuità tra il mistero e la speranza.
Avrebbe senso il mistero senza la speranza? Mi disse. Infatti nel momento in cui Pavese si è lasciato intrappolare dal mistero, anche da quello legato al sacro, non ha avuto l'àncora della speranza che conduce alla salvezza. Berto ha cercato la speranza nel far dialogare Giuda e Cristo.
Il fatto è, e su questo convenimmo, che la letteratura se resta solo teologia ha bisogno di una giustificazione, ma se penetra i "sottoscala" del mistero si regge con la provvidenza oltre la stessa profezia. Poi si parlò della quotidianità. Ma questi sono altri passi nel nostro cammino.
Ogni qualvolta, con padre Ferdinando Castelli, negli ultimi tempi, si discuteva della pazienza dello scrittore mi riportavo al dialogare su Pavese e su Simon Weil intercettato con padre Discepolo. Restiamo sempre in quel mondo che da Ignazio va a Matteo Ricci sino a papa Francesco. Mai violare o tentare di violare l'intelligenza superandola con il solo sapere.
La letteratura diventa conoscenza soltanto se la Grazia cammina con noi. Forse anche per questo non smetto di citare il sogno barocco di padre Discepolo. Quel barocco che non è forma soltanto, ma è un immaginario di saperi che si trasforma in vera e propria sapienza.
Bisogna ricordarlo padre Discepolo. Ora che è venuto a mancare anche padre Castelli, credo che il colloquio nostro interiore diventa più complesso, e dobbiamo cercare le risposte giuste per allontanare quel Dio che alcuni credono ignoto, ma che è rivolta in un tempo che vive di ribellioni.
Pierfranco Bruni e padre Salvatore Discepolo