Giornalista, Direttore Editoriale e Fondatore di MNews.IT
Cell.: +39 338 10 30 287
MNews.IT | Stadio Online, le notizie sportive | Giochi Gratis | Calabria 24Ore .IT | NewsOn24.IT
Berto e la necessità di raccontare
Giuseppe Berto. Un Centenario per riaprire una dialettica culturale.
A 100 anni della nascita un libro su Berto, dal titolo: "Giuseppe Berto e la necessità di raccontare", curato da Pierfranco Bruni con contributi di Gennaro Malgieri, Gerardo Picardo, Neria De Giovanni, Marilena Cavallo e Micol Bruni.
Da "Guerra in camicia nera" a "Il male oscuro", da Giuda al proustiano "Anonimo veneziano"
Un Centenario per riaprire un dibattito sulla figura di uno scrittore che attraversato generazioni ed epoche. Giuseppe Berto a cento anni dalla nascita. Su questo autore il Centro Studi e Ricerche "Francesco Grisi", diretto da Pierfranco Bruni, in occasione del centenario della nascita, pubblicherà un saggio dedicato allo scrittore nato Mogliano Veneto il 1914 e morto a Roma il 1978 dal titolo: "Giuseppe Berto. La necessità di raccontare".
Il saggio, curato e con scritti di Pierfranco Bruni, apre un dibattito sul ruolo dello scrittore e l'importanza della metafora tra linguaggio e forme narranti.
Pierfranco Bruni si occupa del rapporto tra Berto e il Novecento letterario e le sue eredità con Albert Camus, Gerardo Picardo si sofferma sugli aspetti "teologici" ed eretici del Giuda in Berto, Gennaro Malgieri affronta gli elementi storico – politici e letterari intorno a "Guerra in camicia nera", Neria De Giovanni si occupa del letterato e del suo rapporto con la critica, Marilena Cavallo traccia un profilo tra "La cosa buffa", "Il male oscuro" e i "Racconti" e Micol Bruni raccorda la dimensione calabra in Berto oltre a coordinare una bibliografia ragionata.
"Riproporre Giuseppe Berto a cento anni dalla nascita, sottolinea Pierfranco Bruni, curatore dello studio, significa anche contestualizzare un profilo del Novecento letterario e culturale tout court attraverso libri che hanno segnato generazioni. È necessario rileggere romanzi che hanno fatto discutere in anni di transizione come: Anonimo veneziano e La gloria. Due libri che ancora oggi propongono una chiave di lettura anticonformista".
"In Giuseppe Berto, dichiara ancora Bruni, si vive un intreccio non solo letterario, ma anche esistenziale e psicologico tutto giocato tra amore e morte. Ovvero tra la capacità dell'amore di farsi definizione ancestrale di un modello di vita, che ha in sé il senso del destino, e la realtà della morte che diventa, nei suoi scritti, sempre più consapevolezza di un andare nel di dentro della vita stessa senza la paura della perdita.
"Uno scrittore, sostiene sempre Pierfranco Bruni, che ha amato il mare e soprattutto la Calabria. Ho avuto modo di raccontare ciò in due trasmissioni per la Rai, una di queste realizzata con Marilena Cavallo".
Nel 1947 esce Il cielo rosso. Una storia il cui segno politico è preciso. Ma ci sono altri libri che sottolineano il rapporto sempre più profondo, appunto, tra la morte come consapevolezza di definito e la vita come attesa del definire.
Il male oscuro del 1964 segna, comunque, il suo punto di riferimento non solo letterario, ma anche esistenziale. È Il male oscuro che rende Berto scrittore "nuovo" in un contesto in cui il legame letteratura e psicanalisi costituiva un dialogo sempre aperto e discutibile. Ci sono i libri di memoria come quello già citato del 1947 e poi Guerra in camicia nera del 1955. Altri come Il brigante del 1951. Al 1978 appartiene La gloria in cui c'è un rapporto costante tra Gesù e Giuda. Un libro tutto da rileggere e da rimeditare. La figura di Giuda è centrale.
Del 1966 è La cosa buffa. Un romanzo d'amore che, comunque, non raggiunge quella tensione lirica alla quale lo stesso Berto tendeva. È con Anonimo veneziano, negli anni Settanta, che l'incontro tra amore e morte trova la sua più inquieta profondità.
"Rileggere oggi Giuseppe Berto, cesella Pierfranco Bruni, significa, tra l'altro, percorrere intere stagioni del Novecento letterario italiano. Di quel Novecento mai conformista e mai allineato con le ideologie dominanti. Un Berto che va necessariamente riproposto e restituito alla letteratura del nostro Novecento".
GIORNO DELLA MEMORIA, I TESTIMONI DELLA SHOAH INCONTRANO LE SCUOLE
27 gennaio 2014
Giornata della Memoria
Auditorium Parco della Musica - Sala Petrassi , ore 9
"L'amore dopo la tempesta"
I testimoni della Shoah incontrano le scuole
Ricordare lo sterminio del popolo ebraico, le vittime del nazismo e del fascismo per tenere viva la Memoria e coltivare la speranza sul futuro delle nuove generazioni. Con questo spirito Roma Capitale celebra domani il Giorno della Memoria insieme alle scolaresche che hanno partecipato al progetto e al viaggio ad Auschwitz lo scorso ottobre. Protagoniste della manifestazione all'Auditorium Parco della Musica saranno le voci dei sopravvissuti ai campi di concentramento, Piero Terracina e Sami Modiano.
Alla presenza della ministra per l'integrazione Cécile Kyenge, del sindaco Ignazio Marino e dell'assessora capitolina alla Scuola, Alessandra Cattoi, due studentesse, in rappresentanza di tutti i partecipanti, saliranno sul palco per condividere le loro emozioni rispetto alla visita ad Auschwitz e Birkenau.
Durante la mattinata verrà proiettato il film documentario del giornalista Rai Roberto Olla "L'amore dopo la tempesta", realizzato con le immagini tratte dal viaggio della Memoria organizzato da Roma Capitale. Il docufilm approfondisce la storia d'amore tra Sami Modiano e sua moglie Selma, sopravvissuta nascosta nelle montagne di Rodi, donna coraggiosa senza la quale Sami non sarebbe diventato uno dei più grandi testimoni della Shoah. Saranno inoltre distribuite copie del volume "Testimonianza" del libro della Fondazione Yad Vashem di Gerusalemme "To bear witness", tradotta in italiano e curata dall'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) che ha voluto condividere con l'Amministrazione capitolina un appuntamento così importante come la manifestazione del 27 gennaio per il Giorno della Memoria.
La necessità e il bisogno, in questo nostro tempo di divagazioni, si "inceppano" davanti a un processo politico che ha come referente la menzogna del realismo, che supera l'immaginario della realtà. Se la politica ha perso la sua struttura e i suoi limiti non ci sono soltanto responsabilità immediate della politica come elemento pensante.
La politica è un esercizio tra la società e l'economia. Nonostante sia il presupposto per guidare la transizione delle società e lo sviluppo dell'economia legato a un tempo che non può essere immobile. Il problema serio è che, dopo la fantastica caduta delle ideologie, la politica è diventata una sovrastruttura nel mero mercato dei poteri.
Questo non significa che non fosse tale anche prima. Ma i due elementi caratterizzanti della politica come religione delle idee e progettualità economica trovano nel pensiero filosofico il diritto di manifestarsi attraverso le ideologie stesse.
Il vento dell'Est ha spazzato le ideologie ed è rimasto soltanto il vento che soffia sulle macerie. Gli "ismi" non sono stati abbattuti. Sono implosi. I fascismi sono implosi. Il comunismo è imploso. Altrimenti avrebbero ancora dominato la piazza.
Nonostante tutto le ideologie avevano una loro filosofia. Non si può parametrare il rapporto tra menzogna e ideologia. Probabilmente la menzogna è diventata necessità e bisogno dentro una politica senza più una filosofia.
Il dato centrale è che occorre prendere coscienza che ogni Stato o si governa con una filosofia della politica, e quindi con una ideologia del fine e del mezzo, o la stessa visione di democrazia diventa occultata con l'esercizio di strutturare il potere nei vari poteri senza una causa e una efficacia che sia ideologica.
Ma è chiaro che, venendo meno l'ideologia come filosofia della politica, è emerso il condizionamento di una economia della filosofia. Ormai non si trasmette più una idea. Piuttosto si trasmettono modelli economici dentro le società.
Un altro aspetto significativo è che oggi non viviamo nell'epoca della competizione delle idee. Si è tutto relativizzato. La filosofia vincente, se vogliamo chiamarla tale, è quella del relativismo che ha, comunque, le sue forti basi in un materialismo non dialettico e in uno storicismo pragmatico e marxista. Questo dimostra che anche se i comunismi sono crollati ciò che è rimasto in piedi è la spaccatura tra idea, ideologia e funzione politica.
Il materialismo storico, se vogliamo dirla tutta, si è trasformato in un relativismo che si agita tra la necessità e il bisogno. Ciò che avrebbe dovuto fare da argine, o dovrebbe fare da argine, è la cultura dell'umanesimo, ovvero quella cultura legata alla tradizione, ovvero quella visione della società che allontana la focalizzazione sull'individuo e favorisce la centralità della persona.
Il marxismo, trasformatosi in relativismo, ha trovato sempre una parte dialogante e accogliente nel mondo cattolico. È sorprendente come la Chiesa del progresso, incarnata oggi da papa Francesco, venga costantemente elogiata dai modelli relativisti e non venga accolta pienamente dalla cultura tradizionalista. Tutta la cultura che si identifica in quella del processo progressista ha un riferimento nella realtà cattolica di papa Francesco. Il tradizionalismo vede in Benedetto XVI ancora un faro.
Sono incisi che dovrebbero porci in ascolto di tutto ciò che accade nel momento in cui non si comprende il rapporto tra necessità e bisogno. C'è in atto una lacerazione ed è, negativamente, straordinario come la Chiesa non voglia (o non ha la forza) prendere atto di ciò.
Crollati gli "ismi" sono rimasti il dogmatismo e la certezza del dubbio. La teologia e la filosofia sono mancanti. Non possiamo pretendere che la chiave di lettura o il riferimento che vorremo ci venga dalla politica recitata al teatro della menzogna.
È tempo di dubbi, ma è anche tempo di porre tra le pagine della nostra vita, in questo tempo, una dichiarazione di ragione legata alla filosofia robusta dell'essere, che possa superare l'esercizio abituale al relativismo. Soltanto una filosofia della "fortezza" può, nel tempo dell'insostenibile divagazione, recuperare l'elogia della persona.