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Polistena, la fiera della Candelora come riscoperta sociale, storica e culturale del territorio

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Polistena (Reggio Calabria) – Anche quest’anno si è celebrata la fiera della “Candelora” appuntamento invernale immancabile con una ricorrenza che affonda le sue cinquecentesche radici nel passato delle tradizioni polistenesi e che è stata quest’anno oggetto anche di studio e di convegno. Organizzata dall’amministrazione comunale con la partecipazione del Circolo Ricreativo Pensionati e dell’Associazione ILCP, a margine della stessa manifestazione si è tenuto un meeting di studiosi - coordinato dal Centro Studi Polistenesi - per illustrare storicamente l’importanza delle fiere che si tenevano, come suggerito dal tema “…al di là ed al di qua del fiume Vacale”, ed a cui hanno preso parte i professori Francesco Musicò, Giosofatto Pangallo, Giovanni Russo con l’intervento nei saluti iniziali della dottoressa Mirella Marra, Presidente l’Archivio di Stato di Reggio Calabria. A fare gli onori di casa il sindaco Tripodi, il quale esprimendo la sua soddisfazione  per aver riattivato un evento dalla portata storica come la tradizionale fiera un «po’ messa da parte negli anni precedenti», ha voluto porre l’accento sulla necessità, oramai divenuta ineludibile, di costruire al più presto un polo museale importante - individuato nei siti di Palazzo Sigillò e dalla casa natale dei Jerace - per poter dare una degna sede all’imponente patrimonio d’opere d’arte e di materiale letterario stivato nella inidonea biblioteca comunale «perché – ha detto il sindaco – dobbiamo riappropriarci delle conoscenze se vogliamo fare cultura, ed a Polistena c’è il segno forte d’un fermento culturale che non dobbiamo assolutamente disperdere». Il prof. Musicò ha ripercorso le tappe della  tradizione fieristica polistenese a partire dal 1464, illustrando ampiamente come i commercianti polistenesi fossero già da quel tempo abilissimi contrattatori e capaci operatori che ebbero modo di apportare lustro, sviluppo ed economia pur non essendo presenti in città industrie o grandi botteghe artigiane ma tanto da essere la stessa Polistena centro conteso di primaria importanza della baronia di San Giorgio nel feudo di Terranova, mentre Giovanni Russo ha chiarito la valenza delle fiere nel territorio polistenese e del circondario, enumerandole, iniziando da quella più antica di Sant’Antonio già attiva appunto dal 1464 e fino al 1807, per poi passare a quella della Candelora (o della Purificazione) istituita nel 1498 e tutt’ora vigente come pure quelle di Ognissanti (o della Pronesta), quella della Concezione (oggi fiera dell’Immacolata) che ebbe inizio nel 1771 fino a giungere a quelle di più recente istituzione come quella dell’Itria (1866) e quella della Catena (1901). Ma anche i comuni viciniori, ha aggiunto il Russo, godevano del beneficio mercatale delle fiere come Melicucco con la fiera di S.Nicola o San Giorgio Morgeto con le fiere dell’Annunziata e di San Giacomo tutte concesse con beneficio per la liberalità di Marino Correale, feudatario del luogo. Le conclusioni, affidate al prof. Pangallo, non sono state da meno. Lo studioso ha voluto rimarcare l’estrema valenza socio-politica delle fiere a partire dall’età aragonese come momento di sviluppo per il territorio ma anche come momento di circolazione monetaria e per l’esazione doganale e tributaria (attraverso l’imposizione della baglìva). E se dapprima le fiere venivano prevalentemente incentrate sul commercio del bestiame, nel corso del tempo esse si sono evolute in una vera e propria forma mercantile per lo scambio di beni di diversa manifattura: da quella tessile a quella alimentare passando per quella artigiana e della produzione agricola. Ed il territorio della Piana di Gioia - o per dirla con l’espressione del Pangallo “della Valle” - era scenario attivo di numerose manifestazioni fieristiche che grazie all’autorizzazione dei nobili possidenti del tempo permettevano scambi e commercio. Egli ha voluto ricordare infatti quella più prestigiosa di Sant’Orsola - tenuta per concessione del gran capitano Consalvo Fernandez de Cordova signore del feudo-principe di Terranova – ma anche quelle di Santa Lucia, San Marco, della Madonna della Montagna, di Santa Caterina, di Sant’Andrea, della Maddalena e del Crocifisso nel corso di alcune delle quali addirittura si teneva il c.d. “banco della giustizia” civile, penale e di diversa altra natura, per permettere lo svolgimento delle cause pendenti o l’applicazione delle c.d. “voci”, un vero e proprio fixing del prezzo dell’olio valevole per tutta la provincia. Dunque la tradizione fieristica come riscoperta di una storia antica da custodire e come veicolo di trasmissione della cultura di un popolo e di un territorio da pubblicizzare grazie alla quale rivive la sua stessa palingenesi sociale che altrimenti sarebbe destinata a divenire «una civiltà che scompare - secondo le parole di Corrado Alvaro – e su di essa non c’è da piangere ma bisogna trarre, chi ci è nato, il maggior numero di memorie».

 

Giuseppe Campisi                    


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