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REGGIO CALABRIA. Operazione Piccolo Carro: consulente tecnico ai domiciliari per calunnia continuata

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REGGIO CALABRIA. I carabinieri del Comando provinciale hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del locale Tribunale su richiesta della Direzione distrettuale antimafia reggina, nei confronti di Daniele Schinardi, 46 anni, ritenuto responsabile del reato di calunnia continuata, perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, compiute in tempi diversi, nominato consulente tecnico per l'analisi dei tabulati telefonici dalla difesa di Demetrio Domenico Praticò, soggetto, quest'ultimo, imputato nell'ambito dell'operazione "Piccolo Carro", incolpava un maresciallo dei carabinieri, in servizio presso il Comando provinciale di Reggio Calabria, estensore di una annotazione di polizia giudiziaria, di aver falsificato dati e omesso fatti e circostanze da questi noti, al fine di arrecare un danno ingiusto al suo assistito. La vicenda in questione, come detto, trae origine dal procedimento penale noto come Piccolo Carro, che ha visto imputato il Praticò, insieme a Giovanni Ficara cl. 64 e Giovani Zumbo, nel quale Praticò veniva riconosciuto colpevole del delitto di associazione mafiosa (e per tale motivo condannato a una pena di 15 anni e 8 mesi di reclusione), per avere, tra l'altro, contribuito a predisporre e collocare una Fiat Marea al cui interno veniva ritrovato un arsenale di armi e munizioni, nel giorno della visita a Reggio Calabria del Presidente della Repubblica, e successivamente tentato di eludere le investigazioni fornendo dichiarazioni false al pm e al difensore di Francesco Nocera, al fine di confermare la ricostruzione data da quest'ultimo circa il presunto patito furto dell'autovettura da parte di ignoti. Assolutamente fondamentale, nella ricostruzione di fatti contestati a Praticò, risultavano le emergenze relative all'analisi dei tabulati riguardanti le utenze in uso a quest'ultimo e a Francesco Nocera nella mattinata del 21 gennaio 2010, compendiate nell'informativa del Comando provinciale carabinieri (in particolare in un'annotazione redatta dal un maresciallo in servizio presso il Nucleo investigativo) e in una nota del Ros del 28 maggio 2010. In questo contesto investigativo e successivamente nella fase propriamente processuale, si inserisce l'attività tecnico-scientifica svolta da Daniele Schinardi a supporto della posizione difensiva di Praticò e concretizzatesi in una "relazione di consulenza tecnica di parte" redatta da Schinardi in qualità di "specialista informatico, audio, video, ponti Bts". Nella sua relazione il consulente, non riuscendo a "smontare" l'analisi dei dati oggettivi che aveva portato la polizia giudiziaria a ricostruire la cronologia dei fatti e gli spostamenti dei soggetti attenzionati nelle indagini, così come riepilogati nell'annotazione di polizia giudiziaria redatta nella circostanza dall'analista dell'Arma che aveva effettuato l'analisi dei tabulati telefonici, si spingeva ad accusare consapevolmente la stessa pg di aver manipolato i dati contenuti nei tabulati telefonici, di aver occultato file relativi a presunti tabulati telefonici acquisiti dalla pg e non consegnati alla difesa e di avere introdotto quindi nel processo prove false a carico di Demetrio Domenico Praticò o, quantomeno, intralciato l'accertamento della verità per arrecare intenzionalmente un danno ingiusto al Praticò. L'obiettivo perseguito in modo sottile dal consulente (rivelatosi vano) era quello di "neutralizzare" se non azzerare del tutto, la portata probatoria delle risultanze compendiate nell'annotazione di pg, con effetti potenzialmente devastanti sull'esito del processo: a tale scopo, egli aveva prima evidenziato una serie di gravi (quanto inesistenti) errori commessi dalla pg - ingenerando nel lettore la sensazione dell'assoluta inattendibilità delle conclusioni cui erano pervenuti gli inquirenti - quindi aveva lamentato di non essere stato messo in condizione di ricostruire esaustivamente i fatti, a cagione del fatto che la pg avesse inquinato le prove, modificando i file trasmessi dalle società telefoniche e giungendo finanche a costruire prove false a carico di Praticò. Le censure ed i rilievi mossi dallo Schinardi nella sua relazione portavano l'Autorità giudiziaria a richiedere alla polizia giudiziaria un supplemento di indagini volte a verificare se le gravissime accuse mosse dal consulente avessero un fondamento di verità, circostanza che, qualora fosse stata accertata, avrebbe certamente determinato l'inizio di un procedimento penale a carico del maresciallo. L'attività in questione, condotta dal Nucleo investigativo del Comando provinciale carabinieri di Reggio Calabria, consentiva quindi al pm, in udienza, durante il controesame del teste Schinardi, di dimostrare l'assoluta correttezza dell'operato dei carabinieri e contestualmente la malafede e la falsità delle sue affermazioni, solo in parte ritrattate nel corso della testimonianza resa innanzi al collegio giudicante, di fronte alle insuperabili contestazioni mosse dal pubblico ministero. Parimenti la testimonianza offerta in udienza dal maresciallo in servizio presso il Comando provinciale di Reggio Calabria, avvalorata da ineccepibili esplicazioni e da riscontri tecnici puntualmente dedotti dal sottufficiale, consentiva di dipanare senza più dubbi e senza possibilità di letture alternative, la condotta clamorosamente illecita e calunniosa tenuta dallo Sschinardi tanto nella redazione della sua relazione quanto affannosamente ricercata - senza possibilità di riuscita - nella sua "falsa" testimonianza. A fronte di tale insuperabile evidenza lo stesso Tribunale di Reggio Calabria, nella sentenza del 4 marzo 2013 pronunciata nell'ambito del procedimento penale a carico di Demetrio Domenico Praticò + 2, aveva ritenuto sussistenti gli elementi costitutivi del delitto di calunnia ed aveva disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica che sotto la direzione del procuratore capo Federico Cafiero de Raho e con il coordinamento dei sostituti procuratori Giovanni Musarò e Sara Amerio procedeva nei confronti di Daniele Schinardi. Quanto alla scelta della misura cautelare, il gip ha ritenuto adeguata alle esigenze cautelari da tutelare quella degli arresti domiciliari presso l'abitazione dell'indagato, con applicazione del "braccialetto elettronico".

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Luigi Palamara
Giornalista, Direttore Editoriale e Fondatore di MNews.IT
Cell.: +39 338 10 30 287
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