Quantcast
Channel: MNews.IT
Viewing all articles
Browse latest Browse all 6567

Cosenza, l'ennesima banda di usurai arrestata, ma il colore della "cravatta", non è...'Profondo rosa'

$
0
0
COSENZA, 4 luglio 2014 - Una banda al femminile di presunti usurai è stata sgominata dai carabinieri di Cosenza che hanno eseguito 5 provvedimenti cautelari per usura aggravata ed estorsione. Tre le donne arrestate: Fausta Malgaritta, 51 anni, Maria Pia Montalto (62) e la figlia Emanuela Pirola (27), quest'ultima ai domiciliari. Obbligo di firma per due coniugi G.G., 39 anni, e V.F., sua moglie, 38 anni. Avrebbero costretto un imprenditore a pagare interessi del 10% al mese. I mariti delle arrestate sarebbero vicini alla cosca Ruà-Lanzino.

L’OPERAZIONE “PROFONDO ROSA” DI COSENZA, SVELA UN GIRO DI USURA ED ESTORSIONI AI DANNI DI UN IMPRENDITORE: DIETRO C’É LA COSCA RUÁ-LANZINO? 
Domenico Salvatore

Questa, in sintesi, è un’altra triste storia di un imprenditore calabrese, ‘strangolato’ dai “cravattari”. Quando non ce la faceva più a pagare gli usurai, si è rivolto ai Carabinieri. La ‘ndrangheta, dicono i rapporti annuali di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, ma anche quello della Commissione Parlamentare Antimafia, in questo momento storico, guidata dall’onorevole Rosy Bindi, della Magistratura (all’apertura dell’Anno Giudiziario; se non in conferenza stampa), la saggistica degli studiosi del fenomeno, riviste e giornali e la narrativa dei collaboratori di giustizia, controlla il territorio in maniera capillare; in alcuni casi addirittura, a s f i s s i a n t e. E, tutte le attività economiche e non, lecite ed illecite. Compresa l’usura, se non soldi a strozzo. In pratica, senza sostituirsi allo Stato, diventa di fatto…uno Stato, dentro lo Stato; se non, parallelo. Anche una banca al servizio di se stesso; a suo uso e consumo; se non, immagine e somiglianza.. Quando la mafia punta un imprenditore, lo spolpa ben bene, meglio di un branco di piranhas. Come, hanno più volte riferito le cronache. Dapprima, gli fa terra bruciata intorno. Quand’è deboluccio, ed in balia delle onde e di se stesso, se non povero in canna e le banche così dette ufficiali o normali, non gli danno più credito, comincia a circuirlo e fa finta di aiutarlo con prestiti-capestro. Infine, con un colpo di mano finale, rileva la ditta, azienda o società. C’è pure il caso, in cui diventa prestanome della sua stessa casa-madre o dipendente con uno stipendio nominale; facendogli falsamente credere, di essere ancora lui il padrone. Quando scopre l’inganno al malcapitato, non rimane altro, che andare dalla Polizia e dai Carabinieri e denunziare tutto. Senza cedere alla tentazione di mettersi un cappio al collo o spararsi un colpo di pistola alla testa, che è proprio quel che vorrebbe il suo aguzzino o scagnozzo. Lo scatto d’orgoglio, se non la riscoperta della dignità, gli fa capire di colpo, il valore della denuncia; se non della collaborazione con la forze di Polizia. Non è mai troppo tardi! Serve anche per far prendere conoscenza, responsabilità e coscienza agli altri impresari. Il procuratore capo della Repubblica di Catanzaro, per oltre vent’anni, buon’anima di Mariano Lombardo che aveva competenza sui territori di quattro provincie che comprendono i circondari di ben otto tribunali (e, per la verità, il successore Antonio Vincenzo Lombardo), morto a 76 anni dopo una lunga malattia, aveva invitato il cittadino a collaborare con le istituzioni. Stesso invito, era stato rivolto agl’imprenditori, aurifero filone da sfruttare per la ‘Gramigna’. Purtroppo non è raro il caso in cui l’imprenditore preferisca rivolgersi “all’altro Stato”, che lo adesca abilmente e lo travia, sino a trascinarlo sulla strada della delinquenza. Un modo come un altro anche per riciclare il denaro sporco. Vi è il caso dell’imprenditore colluso, se non venduto alla mafia. A parte il caso del falso imprenditore. In realtà un delinquente incallito, avanzo delle patrie galere, paludato, sorretto e sostenuto dalla mafia, di cui è organico a tutti gli effetti. Com’è stato illustrato più volte dai procuratori in conferenza stampa. Mettete pure il caso invece, dell’imprenditore onesto, trasparente e legale, che non cede alla richiesta di pizzo o mazzetta, spesso e volentieri vittima di due padroni: della mafia e dell’antimafia, che però, detto per inciso la sua parte la fa; ben al di là dei luoghi comuni di chi, combatta la mafia solo a parole e frasi di circostanza. L’antimafia, combatte la mafia, questo è certo; e questa, è la nostra opinione, sic et simpliciter. Non pretendiamo, che venga spacciata per verità. Va da sé che non le azzecchi tutte. Deve combattere a sua volta con un padrone superiore, di cui è diretta emanazione per esempio. Le modifiche all’articolo 500 sono indigeste; ma patologie come la sindrome dell’intestino irritabile, la colite ulcerosa, il morbo celiaco, la diarrea e la stipsi non c’azzeccano; la digestione si può facilitare con l’alloro, la curcuma, l’ aglio, la cipolla,  il rosmarino, l’origano coriandolo, cannella, zenzero, ginepro, anice, finocchio, chiodi di garofano, cumino, aneto, menta piperita, timo e liquirizia.  In extremis …bicarbon, digerselz, tisana, thè, camomilla. Si lamentava il procuratore…” 




“Purtroppo, io stesso ho acquisito le dichiarazioni testimoniali di molti imprenditori; molti di essi in dibattimento non hanno ritenuto di ripetere tutto cio che avevano affermato; non è  più possibile procedere con le vecchie contestazioni; in una udienza nella quale mi aveva sostituito il procuratore aggiunto dottor Calderazzo, era stata sollevata la questione di legittimità costituzionale che non è stata accolta, pertanto le conseguenze saranno quelle che saranno. In ogni caso, lo dico per inciso, in questo momento su tutto il territorio la parola d’ordine è una sola: incidente probatorio per evitare che una pluralità di dichiarazioni venga, poi, vanificata al dibattimento. Ormai  infatti, non è possibile sollevare una contestazione producendo verbali con la speranza che possano costituire una prova del fatto contestato, nè avvalersi dell’altra possibilità esistente, cioè la testimonianza indiretta dell’ufficiale di polizia giudiziaria: ora, l’ufficiale di polizia giudiziaria, viene citato soltanto per fornire un quadro d’insieme posto che non può parlare nè delle dichiarazioni degli imputati, nè di quelle dei testimoni.Ma Cosenza, una citta che da sempre, molto prima che venisse definita «l’isola felice», ha avuto una economia diversa da quella delle altre provincie. Mentre, infatti,  la provincia di Crotone forse si riprenderà (perdonatemi se di tanto in tanto faccio dei riferimenti a problemi che non mi competono) poiché attraverso questi finanziamenti dovrebbe decollare, Cosenza, ha sempre avuto una economia molto più brillante rispetto alle provincie vicine, di conseguenza ed inevitabilmente ciò, ha portato con sé delinquenza, estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti e collegamenti piuttosto strani con il mondo imprenditoriale, con quel mondo che magari a Crotone o a Vibo Valentia è soltanto vittima. Per quanto riguarda la citta di Paola, non ha una grande storia se non come appendice di Cosenza. In essa esistono aggregazioni mafiose. E’ esistita un’aggregazione mafiosa di primaria importanza, quella che faceva capo a Franco Muto, il famoso «re del pesce», tratto in arresto e condannato a 10 anni di reclusione il quale, essendo stato arrestato nel 1993, l’anno venturo verrà scarcerato, avendo scontato la pena, poichè per nessuno dei fatti omicidiari per i quali si è cercato di indagare, si e raggiunta mai una prova che legittimasse un processo. Il quarto circondario di Tribunale è rappresentato da Vibo Valentia. Facendo un salto indietro nel tempo, tutti ricorderanno gli scritti del professore Arlacchi e la famosa distinzione fra le famiglie mafiose, paramafiose e giovani delinquenti; si e sempre detto (ed è vero) che la famiglia egemone nel territorio di Vibo Valentia sia quella dei Mancuso che, però negli ultimi tempi ha subito dei colpi: due ultimi omicidi, indicati nella nota allegata nella mia relazione conclusiva, sono stati segnalati ai danni di soggetti molto contigui al clan dei Mancuso. Ciò potrebbe far pensare che questo gruppo egemone abbia subito un tracollo simile a quello degli Arena di Isola Capo Rizzuto, che rappresentano la storia della vecchia mafia. Dicendo vecchia mafia non intendo affatto proporre la distinzione fra la vecchia «buona» mafia e la semplice delinquenza ma voglio riferirmi ad una mafia piu datata; i migliori rappresentanti degli Arena o sono sottoterra, o in carcere oppure vengono ammazzati tranquillamente nei pubblici esercizi senza che si possa percepire una reazione immediata come sarebbe accaduto venti anni fa…” 

I Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza, diretti dal colonnello Giuseppe Brancati, sono riusciti a ricostruire il giro di usura ed estorsioni ai danni di un imprenditore, facendo scattare l'operazione nei confronti dei responsabili. Alcuni di questi sono vicini alla criminalità organizzata. I  Carabinieri,   hanno eseguito ad un'ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa dal giudice per le indagini preliminari, nei confronti di cinque persone, di cui quattro donne, ritenute responsabili, a vario titolo, di “usura aggravata” ed “estorsione”. Ai danni di un imprenditore del Cosentino vittima per cinque anni delle vessazioni di una banda di estorsori. Il prestito iniziale era di 35.000 euro, ma l'imprenditore aveva gia' versato, pagando il 10% di interesse ogni mese, 154.000 euro. Tre donne, sono finite agli arresti, nel corso dell'operazione denominata “Profondo Rosa”:Fausta Malgaritta, 51 anni, Maria Pia Montalto, 62 anni, ed Emanuela Pirola, 27 anni, madre e figlia quest'ultima finita ai domiciliari; altre due persone, due coniugi, G.G., 39 anni, e V.F., sua moglie, 38 anni, con l’obbligo di firma. La ‘ndrangheta ha scoperto un nuovo filone d’oro. Un eldorado da sfruttare fino in fondo. Costi quel che costi. L’usura rende bene e fa lucrare a dismisura. Il rischio è relativamente ‘trascurabile’. Lo Stato, come detto, vigila e veglia ed è presente con tutte le sue articolazioni istituzionali, ma il legislatore, deve migliorare i provvedimenti, i mezzi e gli strumenti di prevenzione e di repressione, a sostegno del progetto per una lotta alla mafia più concreta e meno dispersiva. Non concordiamo con i disfattisti, fatalisti e visionari. Bisogna migliorare gli strumenti, questo sì. Ottocento unità operativa sulla frontiera per rinvigorire e rivitalizzare 
Le forze di polizia vanno bene, ma bisogna velocizzare l’iter burocratico, per  affrontare il fenomeno mafia con sufficiente energìa e tempestività. Il ministro degl’Interni Angelino Alfano ha lanciato la santa crociata, ma serve tempo e…denaro. Non servono gli anatemi, le scomuniche e le esecrazioni contro questo o quell’esponente ministeriale e non. Semmai, più coesione e coordinamento. Questa è la nostra opinione. L’elemento di novità in questa storia è la presenza sempre più massiccia di donne, dentro il malaffare. Sebbene, proprio la cronaca, abbia rivelato che in mancanza degli uomini, comandino le donne. Donna protagonista in Calabria dunque dentro la ‘ndrangheta. La donna boss e capobastone; la donna picciotto; la donna pentita; la donna ‘cravattara’. Tuttavia, non è una novità in assoluto. I primi segnali, negli Anni Sessanta e Settanta, ma il boom è arrivato a ridosso degli Anni Ottanta e Novanta, con i casi clamorosi di cui si sono occupati ampiamente i mass-media e non solo. La parentela con i mammasantissima della ‘ndrangheta cosentina, ci può pure stare, ma non è questo il problema. Serve una presa di coscienza e di responsabilità dell’imprenditoria. La difesa e la tutela della libertà e della democrazia, non può gravare solo e soltanto sulle spalle di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, che la loro parte la fanno e come; o su quelle della magistratura. A proposito, non condividiamo assolutamente il crucifige contro i giudici di questi giorni. I puntini sulle “i” vanno messi, questo è lapalissiano, ma la magistratura è una risorsa per il Paese. L’asse di equilibrio. Un’istituzione imprescindibile. Ed anche questa, è la nostra opinione, alla quale non abbiamo rinunciato mai, per nessuna ragione al mondo. Non è piaggeria ruffianeria, adulazione e lusinga. Non pretendiamo che venga spacciata per verità assoluta. Non abbiamo la verità in tasca. Domenico Salvatore
Domenico Salvatore


Viewing all articles
Browse latest Browse all 6567

Trending Articles