GRATTERI, PANNUNZI GRANDE IMPORTATORE COCAINA - "Roberto Pannunzi e' il più grande importatore di cocaina per l'Europa. Riusciva a rifornire Cosa nostra e l'elite della 'ndrangheta per tonnellate di cocaina". Lo ha detto questa sera all'aeroporto di Fiumicino il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, in attesa dell'arrivo del boss del narcotraffico Roberto Pannunzi. Gratteri ha seguito personalmente le indagini che hanno portato all'arresto del boss calabrese. "Pannunzi - ha aggiunto - fa parte di una categoria di soggetti dove i soldi non si contano, si pesano. E' una persona molto credibile, un'affabulatore dalla forte dialettica che ha una buona capacità di convincimento. Il suo arresto è un grande risultato". Nicola Gratteri il magistrato, scrittore, saggista, segue per la DDA la zona jonica, Locride, o ’della montagna’. Del re della evasioni , broker dei due mondi o principe della cocaina, di rimbalzo e carambola, se n’è occupato, in conferenza stampa, spesso e volentieri. Il broker è stato già estradato in Italia e messo a disposizione dell’autorità giudiziaria italiana
MA IL MAMMASANTISSIMA DELLA COCAINA “BEBỂ” ROBERTO PANNUNZI, PUỐ ESPORTARE SINO A TRE TONNELLATE DI DROGA IL MESE E PAGARE UN MILIONE IN CONTANTI PER CORROMPERE I FUNZIONARI?Domenico Salvatore
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Le autorita' colombiane, dice il lancio dell’Ansa, lo hanno subito definito il 'Pablo Escobar italiano': e' stato arrestato a Bogota' il boss della 'ndrangheta Roberto Pannunzi, protagonista anni fa di due fughe, entrambe da strutture sanitarie a Roma. Pannunzi, 67 anni, ''noto come l'Escobar dell'Italia, era l'uomo più ricercato dal paese", ha sottolineato via Twitter il ministero della Difesa, nel dare l'annuncio della cattura. Altre fonti lo definiscono ''il narco piu' ricercato dell'Europa'', segnalato alle autorita' locali dalla giustizia italiana tramite l'Interpol. Nel momento in cui e' stato catturato in un centro commerciale di Bogota', il boss della 'ndrangheta era in possesso di una carta d'identita' venezuelana a nome Silvano Martino. I media di Bogota' sottolineano che gli esperti anti-droga colombiani hanno scoperto tempo fa una ''nuova rotta del narcotraffico che arriva in Italia. I narcos fanno uscire la droga dal paese in motoscafi diretti in Centroamerica o in Ecuador. Il viaggio prosegue via container verso la Spagna, quindi in Italia''. Conosciuto come il ''principe del narcotraffico'', originario di Siderno, nel 2010 Pannunzi riusci' ad evadere da una clinica romana dove si trovava agli arresti domiciliari per problemi di salute. La fuga ha di fatto ricalcato una precedente evasione riuscita a Pannunzi nel 1999. Anche in quel caso il boss approfitto' della concessione degli arresti domiciliari in una clinica romana per fuggire. Era stato arrestato nel 1994 proprio in Colombia, a Medellin. Agli agenti che lo stavano ammanettando offri' un milione di dollari in contanti in cambio della liberta'. Interlocutore privilegiato dei produttori di cocaina colombiani, con contatti anche con la mafia siciliana e con personaggi di spicco di alcune famiglie riconducibili al boss Provenzano, Pannunzi - sottolineano i media locali - era in grado di esportare fino a due tonnellate al mese di cocaina dalla Colombia all'Europa.
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Il fenomeno ‘ndrangheta, è stato detto e ridetto, trito e ritrito, in tutte le salse e ad ogni latitudine, ha assunto oramai dimensioni planetarie. Su questo assioma, oramai stanno convergendo quasi tutti i Governi e Paesi. Giusto per usare un ossimoro, diremo che abbiano una….stima esatta dei danni e dei guasti prodotti e che non sia una… realtà virtuale, né roba per…dilettanti esperti. C’è la convinzione ed il convincimento, che per battere la mafia, serva una sinergìa planetaria. La “Piovra” più nota, in questo momento, è la ‘ndrangheta. Nicola Gratteri, conosce il fenomeno meglio di tanti altri e sull’argomento, ha pure scritto dei libri a quattro mani col giornalista Antonio Nicàso. “Nicola Gratteri (Gerace, 1958) è un magistrato italiano, attualmente Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria. ” La ’ndrangheta, purtroppo, è più forte di 20 anni fa. Anche se sono stati ottenuti buoni risultati, soprattutto con il supporto delle intercettazioni”. Nicola Gratteri nasce nel 1958 a Gerace nella Locride, terzo di cinque figli da una famiglia umile. Dopo aver conseguito la maturità scientifica si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza all'Università di Catania. Si laurea in quattro anni e due anni dopo entra in magistratura. Attualmente, fonte Wikipedia, è uno dei magistrati più conosciuti della DDA. Impegnato in prima linea contro la 'Ndrangheta, la criminalità organizzata calabrese, vive sotto scorta dall'aprile del 1989. Il 21 giugno 2005, il ROS dei Carabinieri ha scoperto nella piana di Gioia Tauro un arsenale di armi (un chilo di plastico con detonatore, lanciarazzi, kalašnikov, bombe a mano) che sarebbe potuto servire per un attentato ai danni di Gratteri.
Ha partecipato a programmi televisivi di Raitre per la presentazione dei suoi libri: Fratelli di sangue, La Malapianta e La giustizia è una cosa seria e dove ha evidenziato come alcuni piccoli cambiamenti (senza grossi costi) possano far ridurre drasticamente gli inconvenienti connessi alla trasmissione delle notifiche e all'uso strumentale delle intercettazioni. Nel novembre 2011 ha pubblicato un altro libro (assieme al giornalista Nicaso) "la mafia fa schifo" dove sono raccolti pensieri e lettere di ragazzi sul tema mafia, Gratteri da sempre è molto sensibile all'utilizzo dello strumento di educazione dei giovani e giovanissimi come valida prevenzione nella lotta alla mafia a tal fine viaggia nel mondo della scuola e dell'università, in Italia e all'estero, per incontrare i giovani e spiegar loro il perché non "conviene" essere ndranghetisti. Il 20 ottobre 2011 a Rosarno è stato insignito del Premio Giuseppe Valarioti dedicato alla memoria del giovane professore di lettere, segretario sezionale del Pci, ucciso in un agguato mafioso il 10 giugno 1980. Il 22 aprile 2012 al teatro "La Nuova Fenice" di Osimo è stato insignito del Premio Renato Benedetto Fabrizi. Il 12 agosto 2012 presso la villa "Angelo Frammartino" a Caulonia è stato insignito del Premio Angelo Frammartino, dedicato alla memoria del giovane pacifista.Il 18 giugno 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri Enrico Letta, nomina Gratteri, componente della task force per l'elaborazione di proposte in tema di lotta alla criminalità organizzata.
Opere pubblicate: Nicola Gratteri; Antonio Nicaso, ‘Dire e non dire. I dieci comandamenti della 'ndrangheta nelle parole degli affiliati’, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2012, p.208. Nicola Gratteri; Antonio Nicaso, ‘La mafia fa schifo. Lettere di ragazzi da un paese che non si rassegna’, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2011, p.137. Nicola Gratteri; Antonio Nicaso, ‘La giustizia è una cosa seria’, Arnoldo Mondadori Editore, 2011, p.192. 8880460657 Nicola Gratteri; Antonio Nicaso, ‘Fratelli di sangue’, Luigi Pellegrini Editore, 2007, p.320. 8881013738 Nicola Gratteri, ‘Il grande inganno. I falsi valori della 'ndrangheta’, Luigi Pellegrini Editore, 2007. Con Antonio Nicaso e Michele Borrelli ‘Fratelli di sangue’, Arnoldo Mondadori Editore, 2009. Con Antonio Nicaso (nuova edizione)Nicola Gratteri, ‘Cosenza 'ndrine sangue e coltelli’. ‘La criminalità organizzata in Calabria’, Luigi Pellegrini Editore, 2009. Con Antonio Nicaso e Valerio Giardina Nicola Gratteri, ‘La Malapianta’, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2010. Con Antonio Nicaso”. Conosciamo Nicola Gratteri, da circa trent’anni. Almeno, dal punto di vista professionale. Diciamo dagli Anni Ottanta. Allora, nella stagione dei sequestri di persona (il “Caso Cesare Casella” e mamma-coraggio su tutti) impazzava il primo pool antimafia del Paese, non ufficializzato, diretto dal procuratore Carlo Macrì, che aveva una super-squadra di forze di polizia davvero agguerrita, competente, professionale, esperta,”veramente” votata alla legalità, alla Giustizia, al senso della moralità, all’attaccamento alla Divisa, alla Patria, al Tricolore.
Conosciamo anche lo spessore culturale oltre all’altro profilo giudiziario del personaggio. Citiamo a mo’ di esempio il Luogotenente Cosimo Sframeli, comandante della stazione principale, al Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, che di quella stagione, fu uno dei protagonisti. L’elenco è ben lungo e meriterebbero tutto la nomination. Ci torna l’eco delle parole di Nicola Gratteri, ripetute come un tormentone estivo, nel corso delle conferenze stampa in Questura od al Comando Provinciale dei Carabinieri e della Guardia di Finanza La mafia…diceva Falcone, “La mafia, è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio... e una fine”. Ed ancora…”La mafia finirà, quando finirà l'uomo sulla Terra. La 'ndrangheta in particolare si può arginare anche dell'80 per cento se si ha il coraggio, la volontà e la libertà di creare un sistema giudiziario forte sempre nel rispetto della Costituzione. Cioè bisogna avere il coraggio di cambiare il codice penale, il codice di procedura penale e l'ordinamento penitenziario in modo tale che non sia più conveniente essere 'ndranghetisti. Quindi bisogna combattere la mafia non solo dal punto di vista militare ma dal punto di vista sociale e culturale ma parlando di convenienza economica, non di etica”. Concetti, ripetuti peraltro in diverse circostanze. Dai convegni ai libri, sino alle conferenze.
“La ‘ndrangheta, ha detto spesse volte il procuratore aggiunto della Repubblica di Reggio Calabria, innanzitutto per la struttura familistica, 200-300 parenti formano un locale, un’organizzazione. Vi sono fra di loro vincoli molto forti. Inoltre la ‘ndrangheta è molto ricca perché è leader nell’importazione di cocaina in Europa. Già negli Anni Settanta, era leader nei sequestri di persona: gestiva tutti quelli fatti in Piemonte e in Lombardia, oltre che in Calabria. Questi passaggi ne hanno accresciuto la credibilità e la forza. Io ho sempre cercato di privilegiare le indagini tecniche, la sperimentazione anche nel campo dell’intercettazione, dell’informatica. Purtroppo nella lotta alla ’ndrangheta ogni 500 o 600 arrestati abbiamo un collaboratore di giustizia di serie B o C. È molto più difficile che contrastare Cosa Nostra o la Camorra. Le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno una notevole rilevanza. Ho creato la prima saletta di registrazione delle intercettazioni in digitale in Italia con cablaggio a fibre ottiche, questa sperimentazione è stata anche esportata in altri luoghi d’Italia e all’estero”. Altro concetto che Gratteri ripete ad libitum in conferenza riguarda la politica e l’imprenditoria…”Molti candidati vanno a chiedere ai capimafia pacchetti di voti in cambio di appalti.
Venti anni fa, avveniva il contrario. In una Regione dove la disoccupazione è al 40%, la ’ndrangheta riesce a far lavorare, anche in un piccolo appalto di poche migliaia di euro, cinque padri di famiglia per 20 o trenta giorni. Quando sarà ora di votare queste persone si ricorderanno del candidato prescelto dal capomafia. La ‘ndrangheta ha esteso il suo potere a molti settori, al punto da prevalere sulla politica”. Nel mirino di Gratteri ci sono i bamboccioni, mammoni e fannulloni della patrie galere. Nell’ultima conferenza stampa al Comando dei Carabinieri di Reggio Calabria, diretti dal colonnello Lorenzo Falferi, ha detto…”Alcuni sono convinti che basta colpire i mafiosi nel portafoglio perché non temono il carcere. Certo, è così se per un reato grave stanno in carcere solo pochi anni. Bisogna riformare il diritto penale, le pene debbono essere non solo severe ma debbono essere scontate. Inoltre, bisogna far lavorare i carcerati con lavori di utilità collettiva, pulire le spiagge, il verde, le strade. Si immagina quale valore simbolico avrebbe far vedere un mafioso che spazza le strade dopo che per tutta la vita non ha fatto altro che incutere timore? Sarebbe un messaggio positivo per i giovani, lo vedrebbero nella sua fragilità. Servono molte modifiche al sistema della giustizia penale, a quello carcerario e a quello scolastico. Una scuola che funziona in maniera molto efficace, che crea persone colte, con spirito critico, allontana i giovani dalla criminalità”.
Il padrino della cocaina, Roberto Pannunzi, sapeva bene di avere sul collo il fiato del procuratore Gratteri, che granitico e tetragono come capitan Achab sul ponte del suo Pequod, attende il passaggio di Moby Dick, per arpionarlo. Perciò,”Bebè” aveva escogitato un piano perfetto ed infallibile per evadere dagli arresti domiciliari-ospedalieri e tornare all’ombra della Sierra Nevada de Santa Marta. Ad un broker dei due mondi che esporta due o tre tonnellate di ‘polverina’ o ‘neve’ il mese; 35-40 l’anno, se non di più; pura dal 93 al 98 %, non mancano di certo i miliardi di euri o di dollari per corrompere qualsiasi persona, entte od associazione. Pecunia non olet. Ed era tornato sul luogo del…delitto. A delinquere. I procuratori capo della Repubblica di Palermo: Giancarlo Caselli, Piero Grasso e Francesco Messineo; quelli di Napoli: Agostino Cordova, Giandomenico Lepore e Giovanni Colangelo e quelli di Reggio Calabria: Salvatore Boemi, Antonino Catanese, Giuseppe Pignatone ( e Federico Cafiero De Raho), si sono occupati spesso e volentieri delle partite di droga esportate nei porti e negli aeroporti di Palermo, Napoli e Reggio Calabria. Per foraggiare Cosa Nostra, la Camorra e la ‘ndrangheta. “Dietro” le partite o quantitativi di cocaina, si celavano i broker più gettonati. In primis Roberto Pannunzi; più don Rodrigo, che don Abbondio.
Un mammasantissima della ‘ndrangheta, descritto come un grande affabulatore e conoscitore di almeno tre lingue o quattro. Non sappiamo se il Pannunzi abbia avuto rapporti…”commerciali”, con il re della Camorra don Fefè Cutolo; della Nuova Famiglia, Carmine Alfieri, Valentino Gionta; Licciardi, Contini, Prestieri, Bocchetti, Bosti, Mallardo, Lo Russo, Stabile e con gli stessi Di Lauro., gòli scissionisti Amato-Pagano, clan Misso, Sarno e Mazzarella; con i fratelli Luigi, Salvatore e Raffaele Giuliano, i clan Mariano (detti i "Picuozzi") e Di Biasi (detti i "Faiano"), e un gruppo interno di scissionisti capeggiato dai boss Salvatore Cardillo (detto "Beckenbauer") e Antonio Ranieri (detto "Polifemo"; con il clan dei Casalesi, Francesco Schiavone inteso “Sandokhan” e via di seguito. Nemmeno, se abbia intrattenuto relazioni con Luciano Liggio, Totò Riina, Bernardo Provenza, i Greco Salvatore La Barbera Stefan Bontate e Giuseppe Di Cristina Michele Cavatajo, Tano Badalamenti, Stefano Bontate. Totò Inzerillo, Michele Greco detto il Papa, Pippo Calò Totuccio Contorno, Pippo Calderone, Nitto Santapaola, Salvatore Pulvirenti, Matteo Messina Denaro, Salvatore Lo Piccolo, Mimmo Raccuglia, Nino Giuffrè, Mariano Agati, Gianni Nicchi, don Masino Buscetta ecc. Oppure, se sia stato in rapporti commerciali con i Mazzaferro di Gioiosa Jonica (Giuseppe Mazzaferro controllava le "locali" (insieme di più 'ndrine) di Lombardia;
Francesco Mazzaferro di Torino e Vincenzo Mazzaferro di Gioiosa Jonica), se non don Mommo Piromalli, Antonio Macrì e Domenico Tripodo, Almeno con i clan dei Barbaro, Sergi e Papalia, Trimboli, Marando, Varacalli, Giuseppe Flachi e Franco Coco Trovato, Giuseppe Morabito e Domenico Paviglianiti. i Farao, Marincola e Oliverio e gli Arena, Carmelo Novella, Pasquale Zappia, Giuseppe Neri De Stefano Paolo e Giorgio, Francesco don Ciccio Mancuso, Natale Iamonte, Antonio Nirta, Francesco Nirta, Giuseppe Nirta, Giampà, Torcasio, Aquino, Ursini, Jerinò, Commisso, Cordì, Cataldo, Costa, Macrì, Piromalli, Molè, Alvaro, Crea, Mammoliti, Facchineri, Raso, Albanese, D’Agostino, Pesce, Bellocco, Pisano, Bruni, Cicero, Forastefano, Lanzino, Nicoscia, Ascone, Parrello, Condello, Tegano, Libri, Serraino, Barreca, Lo Giudice, Zindato, Gallico, Gioffrè, Pellegrino, Imerti, Muto, Sena, Acri, Tripodi, Talia, Casile, Rodà, Abbruzzese, Procopio, Trapasso, Giacobbe, Lentini, Sia, Gallace, Novella, Leuzzi, Paviglianiti. Zavettieri, Santaiti, Viola, Giovinazzo, Pelle, Vallelunga, di quelli che ci vengono in mente e così via. L’elenco è interminabile.Nicola Gratteri ha sempre ritenuto che un capobastone non possa mai lasciare il territorio. Perderebbe la faccia; e con essa, il prestigio ed il comando-controllo della cosca. Tranne il caso del broker. Come Pannunzi.
La mafia odia Gratteri e se potesse, lo ucciderebbe, senza nemmeno pensarci su due volte e non c’è somma di denaro, che possa corromperlo. Per dirla tutta ci ha pure provato, come hanno rivelato i pentiti, ma il piano è fallito. Tuttavia, non può fare a meno di ammirarlo, temerlo e rispettarlo. Anche perché Gratteri, combatte in maniera corretta, a viso aperto e rimanendo nell’alveo della Legge. Le sue parole, sono come le perle:rare e preziose. Il suo Credo poggia sulla roccia; egli crede nei valori della Sacra Bibbia …”Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande”. Una saggia persona, che crede pure nella spiritualità. Per cui, i veri beni sono quelli dell’anima, l’amicizia, l’amore, la saggezza, la contemplazione, la filosofia, l’armonia con i propri simili e con la natura. Lotta alla mafia sì, ma con i mezzi che offre la Normativa vigente. Per usare un ossimoro…politically correct. Un magistrato senza macchia e senza paura; con il ’bollino blu’ od anche ‘con i baffi’; “maledettamente” in gamba.
L’uomo giusto, si addolora nel biasimare gli errori altrui, il malvagio invece ne gode. Nel codice della ‘ndrangheta, queste sono qualità di alto profilo. In più, bisogna aggiungere, l’amore per la verità e la giustizia, la popolarità, la lealtà, il linguaggio semplice e diretto, senza giri di parole ed altre,…’quisquilie e pinzillacchere’. Sebbene questi requisiti e caratteristiche tracimassero, ma, non siano state valide per acciuffare la nomina a procuratore capo della Repubblica. Per non dire, che siano stati d’inciampo ed ostacolo alla sua carriera. Come dire, che le valutazioni, non sempre siano serene, equidistanti e terze. Gesù ammonisce…”Guarda piuttosto alla trave che ti acceca! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello”. Ed ancora… “Se il tuo occhio è motivo d' inciampo, cavalo; è meglio entrare privo di un occhio nel regno di Dio, che con due essere cacciato nella Geenna”. Anche questa è la nostra opinione. Non pretendiamo che sia spacciata per verità. Il CSM, non è infallibile come il Papa. Il dogma dell'infallibilità papale (o infallibilità pontificia) afferma che il Papa, non possa sbagliare quando parla ex cathedra, ossia come dottore o pastore universale della Chiesa (episcopus servus servorum Dei).
Giornalisticamente parlando la figura di Roberto Pannunzi, romano, ma di madre calabrese, ex dipendente Alitalia che da ragazzo, con la famiglia, si è trasferito in Canada; a Toronto diventa allievo di Antonio Macrì, detto Zzi 'Ntoni, boss calabrese che aveva impiantato in Canada il traffico di droga senza pestare i piedi alla mafia newyorchese, ci affascina e c’irretisce. Sono serviti di barba e capelli, gli pseudo storici della ‘ndrangheta, che per anni, hanno “impapugghiato”, detto e scritto contumelie e panzane sul boss dei due mondi il defunto padrino dell’Onorata Società, don Antonio Macrì. Tipo la barzelletta sulla droga…”L’hanno ‘eliminato’, perché era contrario al mercato della droga”. Stesso discorso per Domenico “don Mico” Tripodo. L’unico ad essere favorevole al commercio della polverina, scrissero i mafiologi di serie C, era Girolamo Piromalli, inteso don Mommo o zi’ Mommu. E per questo venne risparmiato. Morirà nel suo letto a Gioia Tauro l’11 febbraio del 1979. “ C onosciamo ogni cosa, si lamenta Saviano, anche le più morbose curiosità, sulle famiglie dei grandi imprenditori italiani. Conosciamo ogni cosa degli Agnelli, dei Moratti, di Briatore, conosciamo Montezemolo.Eppure nessuno sa chi sia Roberto Pannunzi. Stiamo parlando di un "imprenditore" i cui affari, superano di gran lunga i fatturati delle famiglie che ho appena elencato.
Stiamo parlando di un imprenditore che condiziona la vita del Paese da molto tempo, senza alcuna ribalta e senza la necessità di interloquire, per essere competitivo, con banche e politica. Non conoscere Roberto Pannunzi significa non capire dove arrivino denaro contante, mediazione internazionale, investimenti in ogni settore, fino alla gestione dei porti. Il denaro liquido che Pannunzi in questi anni ha generato e immesso nel tessuto economico italiano e mondiale lo rende a pieno titolo il più grande broker d'Occidente. Può competere, forse, con lui solo un altro sconosciuto, Pasquale Locatelli, broker di coca, narcotrafficante di Bergamo, che sta scontando la sua detenzione in Spagna. Pannunzi non ha mai ucciso e non intende farlo, afferma Saviano, su ‘La Repubblica’. Perché non è un affiliato: lui tratta con tutti, anche con famiglie tra loro nemiche. Un affiliato, questo, non potrebbe farlo. È in contatto con più organizzazioni, ed essendo esterno a esse, ha un profilo molto più pericoloso rispetto a quello di El Magico, il vecchio Pablito Escobar. Non obbedisce a nessun boss. Non deve rendere conto della gestione dei denaro che gli viene affidato, ma solo del risultato. Coca buona a prezzi competitivi. Lo definirei invece "il Copernico della coca" perché ha compreso ciò che nessuno prima aveva capito: non è il mondo della coca che deve girare intorno ai mercati, ma sono i mercati che devono girare intorno alla coca.”.
Domanda scontata:”Riuscirà ad evadere ancora, il re delle evasioni, inteso “Bebè”, se non broker dei due mondi? C’è un altro broker di pari competenza in grado di prendere il suo posto? Si conosce già il nome?”Intanto Roberto Pannunzi è tornato all’ombra del Colosseo. E Nicola Gratteri, lo ha preso in consegna. Domenico Salvatore
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