PALMI (Reggio Calabria) 30 luglio 2013 - . Concluso con cinque ergastoli il processo "Cosa mia" il cui dispositivo è stato letto nell'aula bunker del Tribunale, dalla presidente della Corte d'assise Silvia Capone. La sentenza è stata emessa dopo una settimana esatta di camera di consiglio. Pesanti quindi le pene comminate agli imputati presunti boss e sodali delle cosche Gallico di Palmi e Bruzzise della frazione Barritteri di Seminara.
Le condanne alla massima pena sono state inflitte a Domenico e Giuseppe Gallico, a Lucia Giuseppa e Salvatore Morgante e a Carmine Demetrio Santaiti. Mano pesante anche per Rocco Gallico, che dovrà scontare 21 anni, Teresa Gallico (22 anni e 9 mesi), e Antonino Gallico (19 anni e 6 mesi). Per quanto riguarda i Bruzzise, Carmelo e Giuseppe sono stati condannati rispettivamente a 20 e 25 anni di carcere. La Corte d'assise non ha risparmiato pene esemplari anche per le seconde linee e i sodali dei due clan di riferimento. Tra queste condanne spiccano quelle a Antonio e Vincenzo Bruzzise, 16 e 14 anni di carcere, Francesco Cutrì, 14 anni e nove mesi, Carmine Gaglioti, 12 anni, Filippo Morgante, 18 anni e sei mesi, Domenico Sciglitano, 17 anni. Il processo "Cosa mia", nasce da una lunga e complessa inchiesta della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria.
Un'inchiesta divisa in tre tronconi di indagine, due dei quali confluiti in un unico processo. I reati contestati a vario titolo agli imputati sono l'associazione per delinquere di stampo mafioso, una serie di omicidi che erano rimasti irrisolti e compiuti nella faida di Palmi, combattuta tra la fine degli anni '70 e l'inizio dei '90, e la maxiestorsione che i clan avrebbero imposto alle ditte che lavoravano per il rifacimento dell'A3, il famoso 3% ribattezzato "tassa ambientale". Per la difficile divisione delle estorsioni, secondo la Dda reggina, sarebbe ripartito lo scontro armato tra i clan Gallico, e le famiglie alleate, contro i Bruzzise. Delitti che sono stati contestati anche in questo processo. I giudici della Corte d'assise di Palmi, hanno inoltre condannato anche alcuni imprenditori che si sarebbero messi al servizio dei clan per consentire ai boss di gestire anche i subappalti per i lavori di ammodernamento dell'A3. Tra questi Pasquale Galimi, condannato a 5 anni e sei mesi di carcere. Condannati altri imprenditori che non avrebbero denunciato estorsioni da parte degli uomini delle cosche: Oscar Barbaro e Pasquale Mattiani, padre del vicesindaco del Pdl di Palmi, Giuseppe. Entrambi sono stati condannati a 3 anni di carcere, perchè riconosciuti colpevoli di favoreggiamento alla cosca Gallico.
L’organo giudicante ha riconosciuto un ruolo di primo piano anche alle donne dei clan coinvolti nell'operazione della Dda di Reggio Calabria. Oltre alla condanna di Teresa Gallico, considerata dall'antimafia alla stregua di un boss, spiccano anche l'ergastolo a Lucia Giuseppa Morgante (coinvolgimento in un omicidio), i 12 anni di Mariangela Gaglioti, i 9 anni di Carmela Carbone e i 14 anni e tre mesi di reclusione inflitti a Maria Carmela Surace. Pene più blande, infine, per Elena e Fortunata Bruzzise (7 anni di reclusione) e Maria Ditto (2 anni). Sono stati invece assolti Antonio Cilona, Vincenzo Galimi, Rocco Salvatore Gaglioti e Vincenzo Gramuglia. L'importanza della sentenza del processo "Cosa mia" è rappresentata dalla presenza in aula da parte degli uomini dello Stato, dalla Procura alle forze dell'ordine. Per ascoltare la lettura del dispositivo sono giunti infatti da Reggio Calabria il procuratore capo Raffaele Cafiero De Raho insieme al procuratore aggiunto Michele Prestipino Giarritta e ai due sostituti che hanno coordinato le indagini e gestito la pubblica accusa, Roberto Di Palma e Giovanni Musarò. I magistrati della Distrettuale antimafia reggina avevano volti soddisfatti appena conclusa la lettura della sentenza. "Tra abbreviato e ordinario - hanno detto mentre lasciavano l'aula bunker del Tribunale - ci sono state solo 6 assoluzioni su un totale di 76 imputati. Questo dato fotografa al meglio il buon lavoro svolto da magistrati e forze dell'ordine".
Le condanne alla massima pena sono state inflitte a Domenico e Giuseppe Gallico, a Lucia Giuseppa e Salvatore Morgante e a Carmine Demetrio Santaiti. Mano pesante anche per Rocco Gallico, che dovrà scontare 21 anni, Teresa Gallico (22 anni e 9 mesi), e Antonino Gallico (19 anni e 6 mesi). Per quanto riguarda i Bruzzise, Carmelo e Giuseppe sono stati condannati rispettivamente a 20 e 25 anni di carcere. La Corte d'assise non ha risparmiato pene esemplari anche per le seconde linee e i sodali dei due clan di riferimento. Tra queste condanne spiccano quelle a Antonio e Vincenzo Bruzzise, 16 e 14 anni di carcere, Francesco Cutrì, 14 anni e nove mesi, Carmine Gaglioti, 12 anni, Filippo Morgante, 18 anni e sei mesi, Domenico Sciglitano, 17 anni. Il processo "Cosa mia", nasce da una lunga e complessa inchiesta della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria.
Un'inchiesta divisa in tre tronconi di indagine, due dei quali confluiti in un unico processo. I reati contestati a vario titolo agli imputati sono l'associazione per delinquere di stampo mafioso, una serie di omicidi che erano rimasti irrisolti e compiuti nella faida di Palmi, combattuta tra la fine degli anni '70 e l'inizio dei '90, e la maxiestorsione che i clan avrebbero imposto alle ditte che lavoravano per il rifacimento dell'A3, il famoso 3% ribattezzato "tassa ambientale". Per la difficile divisione delle estorsioni, secondo la Dda reggina, sarebbe ripartito lo scontro armato tra i clan Gallico, e le famiglie alleate, contro i Bruzzise. Delitti che sono stati contestati anche in questo processo. I giudici della Corte d'assise di Palmi, hanno inoltre condannato anche alcuni imprenditori che si sarebbero messi al servizio dei clan per consentire ai boss di gestire anche i subappalti per i lavori di ammodernamento dell'A3. Tra questi Pasquale Galimi, condannato a 5 anni e sei mesi di carcere. Condannati altri imprenditori che non avrebbero denunciato estorsioni da parte degli uomini delle cosche: Oscar Barbaro e Pasquale Mattiani, padre del vicesindaco del Pdl di Palmi, Giuseppe. Entrambi sono stati condannati a 3 anni di carcere, perchè riconosciuti colpevoli di favoreggiamento alla cosca Gallico.
L’organo giudicante ha riconosciuto un ruolo di primo piano anche alle donne dei clan coinvolti nell'operazione della Dda di Reggio Calabria. Oltre alla condanna di Teresa Gallico, considerata dall'antimafia alla stregua di un boss, spiccano anche l'ergastolo a Lucia Giuseppa Morgante (coinvolgimento in un omicidio), i 12 anni di Mariangela Gaglioti, i 9 anni di Carmela Carbone e i 14 anni e tre mesi di reclusione inflitti a Maria Carmela Surace. Pene più blande, infine, per Elena e Fortunata Bruzzise (7 anni di reclusione) e Maria Ditto (2 anni). Sono stati invece assolti Antonio Cilona, Vincenzo Galimi, Rocco Salvatore Gaglioti e Vincenzo Gramuglia. L'importanza della sentenza del processo "Cosa mia" è rappresentata dalla presenza in aula da parte degli uomini dello Stato, dalla Procura alle forze dell'ordine. Per ascoltare la lettura del dispositivo sono giunti infatti da Reggio Calabria il procuratore capo Raffaele Cafiero De Raho insieme al procuratore aggiunto Michele Prestipino Giarritta e ai due sostituti che hanno coordinato le indagini e gestito la pubblica accusa, Roberto Di Palma e Giovanni Musarò. I magistrati della Distrettuale antimafia reggina avevano volti soddisfatti appena conclusa la lettura della sentenza. "Tra abbreviato e ordinario - hanno detto mentre lasciavano l'aula bunker del Tribunale - ci sono state solo 6 assoluzioni su un totale di 76 imputati. Questo dato fotografa al meglio il buon lavoro svolto da magistrati e forze dell'ordine".