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E' morto lo scrittore Alberto Bevilacqua. |
nel suo Amore stregone o amore stregato la vita è un mistero
di Pierfranco Bruni
E' morto Albero Bevilacqua. Mio antico amico. Mio amico di un'epoca. Fraternamente con cuore amico. Cosa raccontare? Cosa ricordare? Il tutto e il sempre. Ma voglio in parte raccontarlo con un suo libro tra gli ultimi. L'amore stregone o l'amore stregato? Un romanzo che raccoglie il viaggio tra i labirinti della sua ultima stagione. Ora che non c'è più resterà sempre. La magia, l'alchimia, la stregoneria. Non si riesce avincere il distacco.
Con Alberto sempre di stregoneria si deve parlare insistendo su una letteratura che incontra il sogno, il segno e l'alchimia anche dentro quelle rivelazioni che diventano luce. Parlo per estrema sintesi di un romanzo che credo sia il romanzo chiave di un Novecento disordinato e disorientante non solo dal punto di vista letterario ma culturale e umano.
Il romanzo in questione è quello di Alberto Bevilacqua che porta già di per sé un titolo affascinante o forse affascinoso o forse illuminante. La scrittura è sempre illuminazione quando è scrittura dentro le guglie simboliche della vita tempo. Ecco il titolo: "L'amore stregone" edito da Mondadori.
Dunque, c'è un motivo perché nell'incipit di questa mia riflessione ho citato il modello sciamanico o altri similitudini. Ebbene, andiamo nel disordine. Perché la letteratura non è ordine ma indulgenza verso la realtà per penetrare l'orizzonte stellare o crepuscolare della follia. E i personaggi non possono che essere toccati dalla follia quando vivono la loro storia al di fuori dei parametri razionali che significano attraversamento di destini e superamento di avventure in una dimensione che tocca la danza della spiritualità.
Il mio disordine? O il disordine generale di una letteratura che diventa vita? Il lettore dovrà decidere se accettare il logico delle veline dei baci perugini o il futuristico destino dell'inquieto vivere donchisciottesco. E i mulini a vento ci sono. Certo. Perché Cervantes ha dettato la folla dei sogni all'interno del mistero della parola. Appunto, il personaggio Sara, del romanzo di Bevilacqua, è lo specchio, senza alcuna maschera, di una bellezza che soltanto le streghe possono dare o possono ottenere e la storia di Sara è la recita di un personaggio che si tuffa dentro la figura materna, ovvero Marlene, la quale quest'ultima, cerca dentro Tommaso un amore incompiuto che dovrà compiersi come donna irresistibile e inafferrabile. Ma è Tommaso che viene ad essere stregato di un amore possibile ma mai confondibile.
Tommaso cerca in Marlene la metafore inarrestabile e indefinibile delle mille e una notte. Quella bellezza che non può avere trucchi ma nello stesso tempo si è convinti che è impossibile stare in pace con l'armonia che a sua volta eccita l'esistere della bellezza stessa. Un intreccio quasi specchiante in "La morte a Venezia". Del Thommas Mann straordinario o della disperazione dell'"Anonimo veneziano" di Giueseppe Berto. Ovvero quella bellezza incomprensibile comprensibile soltanto attraverso la non misura della pazzia.
Di che cosa ci si innamora: dell'irresistibile, della follia o della bellezza? Un interrogativo che neppure il fratello di Tommaso, Samuel, con la sua morte può definire . ma restano nel gioco i due personaggi femminili, Sara e Marlene che sembrano contendersi nel disordine non il cuore ma l'anima di Tommaso ma è Tommaso, stesso, che chiede allo spirito femminile di rivelarsi in una chiamata che si definisce come destino. " Esiste, in certe donne, una sottile pazzia che ha un suo modo di esprimersi con una molesta ragionevolezza".
Un inciso che avvolge e fascinose pagine e rende la donna carnalità e sangue ma cosa è questa bellezza? Si lega al piacere? E la paura ha qualcosa in comune con il piacere. Sono interrogativi che si evincono come un vizio assurdo o come una leggera folata di vento tra l'amore e il disamore. Ci si interroga " la paura è un piacere?" e si ascolta : La paura "è come l'amore. Se si impara la paura del peggio, si riesce a volte a prevenire il male".
È certo che Aladino ha acceso la sua lampada e le stregonerie sono un rito sciamanico che accentuano il mistero. Ma sarebbe possibile amare senza il piacere? La guerra dei sensi è un gioco ad incastro tra quell'io e quel tu che fa dell'amore stesso una storia nel sensuale bisogno di comprendere il sortilegio che condiziona il viaggio degli amanti e questo sortilegio è una scheggia ella vita di Sara, nella vita di madre Marlene e nel tempo di Tommaso che tutti e tre insieme si cercano nella presenza – lontananza di Samuele per definirsi in una data sacrificale del fuoco che richiama un eco che giunge da conchiglie mai dimenticate e sussurra : "…bisogna creder nel sortilegio, perché i sortilegi poi si rivelano reali, basta lasciare che operino in noi".
Siamo convinti che il ricordare è un ricordarsi costante perché come dice Alberto, ovvero lo scrittore di questi sensi incantati, il nostro mondo vive come fosse un carillon. Io sono convinto di ciò. Perché sul filo delle tentazioni tutto resta tentazione. Persino Sara in quanta figlia, Marlene in quanto madre e amante, Tommaso in quanto disperante ricercatore di un io recuperato perduto e sommerso. E sia tende sempre un amore stregone che possa soccorrerci dall'oblio e dalle sconfitte quotidiane per diventare pazzi e restare folli nel cerchio magico di una jacoponica intesa: "Io dovevo restare una tentazione, con le mie tentazioni". E questa tentazione che serpeggia tra le pagine di questo romanzo si chiama necessaria ricerca della bellezza e come sempre e come non mai la bellezza è un vestito cucito addosso alla passione. Passione che significa fuoco ma anche morte.
D'altronde essendo una tentazione vive tra la pioggia antelucana e la rabbia della luce che non c'è più. E questo amore è immenso che non vuole conoscere il deserto e si allontana dalle maschere e si infittisce nello specchio non è altro che un amore stregone perchè la bellezza non solo è eccezionale ma è una musica battuta sul ritmo della paura.
Che cosa è la paura se non l'anticamera della morte? Lo sapeva bene Marlene perché sapeva bene che la lacerazione di Dorian Gray non è soltanto la lacerazione del tempo ma è riportare il sogno quell'alchimia che ci restituisce ad un immaginario che può vivere semplicemente di una eredità non storica ma onirica.
Destino e armonia sono i due termini con i quali si chiude il romanzo. Il tutto ritorna alle ore di quando la donna si siede di fronte al narratore e comincia la sua preghiera. Il resto è personaggio, è trasfigurazione forse esistenza sulle note di una fantasia e di un silenzio che straripa. Si può stare in pace con la bellezza? Chi mai potrà rispondere a questa domanda? Amore mio amante, chi mi soccorrerà da questo sortilegio?e ora che il tempo passa e le frecce appuntite cercano di colpire lo specchio e se lo specchio andrà in frantumi cosa accadrà? Avremo la stagione dell'abbandono, del perduto o della fuga? Ci sono cicogne nere che sorvolano il campo degli stregoni ma c'è anche il vento.
Il padre Tommaso, la madre Marlene e il gruppo di una famiglia che si cerca tra la musica e la patria. Ma cosa fa da scenario solo un accenno, quell'Europa nel cuore della Dalmazia in quella storia triestina e nella geografia di una cultura slovena. Una patria sì, una famiglia senza patria perché quell'etnia dalmata è al centro di una eredità che si è fatta storia ma che non è mai diventata pienamente identità. Il resto lo consegno al lettore.
Come dice Bevilacqua il narratore si interroga con Sara ma il lettore cosa farà? Certamente è un romanzo passionevole, bello importante. Un romanzo nostro: per chi è, fortemente, consapevole che la letteratura non è mai storia ma anima inquieta di un vagabondaggio che gioca tra l'esistenza della sconfitta e la sconfitta dell'esistenza nell'amore che è grazia. Inevitabile grazia.
Alberto non c'è più. Restano i segni. Resta la sua inquieta ricerca tra i viaggi del nostro tempo. Il suo tempo che è anche il mio.
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SCUOLA – Bene incremento piano assunzioni CdM, ma c'è ancora troppa prudenza: Governo dimentica 31mila assunzioni
Pacifico (Anief-Confedir): un segnale d'apertura rispetto alle nostre richieste e ad una situazione giuridica insostenibile, però per migliorare la scuola serve anche il ripristino di 200mila posti e di 2mila istituti autonomi cancellati negli ultimi sei anni.
Il piano di 69mila immissioni in ruolo, varato oggi dal Consiglio dei Ministri, rappresenta una prima importante risposta alle recenti denunce dell'Anief sulla volontà del Governo di voler stabilizzare solo una piccola parte dei precari della scuola: grazie anche alle migliaia di ricorsi depositati presso la Corte di Giustizia Europea, il piano programmatico triennali di assunzioni, inizialmente fissato a 44mila unità, è stato infatti elevato di un terzo. Anche se va nella giusta direzione, non è tuttavia ancora sufficiente.
"Certamente– spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - il sindacato non può che apprezzare la volontà del Governo di tornare ad investire sulla scuola. Ma non possiamo non rilevare che lo fa con eccessiva prudenza. Rimangono infatti ancora da assumere un terzo dei posti vacanti e disponibili, al di là delle supplenze brevi o delle esigenze sostitutive. Sono almeno 37mila i posti vacanti e disponibili solo sul sostegno, mentre il Governo si è fermato a 26mila stabilizzazioni in tre anni. Considerando anche le cattedre vacanti riguardanti le discipline curricolari, mancano complessivamente 31mila posti oggi rispetto ai 69mila previsti".
L'Anief ricorda che non è soltanto il "vento elettorale" a rendere più attento l'atteggiamento del legislatore e del Governo al personale precario della scuola, ma anche la decisa azione giudiziaria nei tribunali della Repubblica, portata avanti con fermezza dal giovane sindacato. La stessa azione che già aveva convinto l'ex ministro Gelmini a sbloccare 67mila immissioni in ruolo dopo il blocco del piano programmatico di 150mila immissioni previsto dall'ex ministro Fioroni: centinaia di tribunali del lavoro, proprio a seguito dei ricorsi dell'Anief, hanno condannato il Miur a pagare scatti biennali, mensilità estive e risarcimenti per reiterazioni dei contratti: in media 20mila euro a precario, con punte di 150mila euro (Tribunale di Trapani), nonostante una sentenza contraria della Cassazione. Anche la Corte Costituzionale si è dovuta fermare, rinviando alla Corte di Giustizia Europea, la questione della compatibilità della deroga introdotta dalla legge 106/11 sulla stabilizzazione dei precari della scuola.
"Ben vengano allora queste immissioni– continua Pacifico – , che se portate a termine rappresentano un nuovo segnale d'apertura rispetto a una situazione giuridica insostenibile. Ma se lo Stato vuole veramente ripartire dalla centralità dell'istituzione scolastica nella vita di milioni di studenti e famiglie italiane, sono necessarie altre misure: il piano di assunzioni dovrà presto essere accompagnato dalla cancellazione della riforma Gelmini, dal ripristino di 200mila posti di docenti e Ata, prodotti dalla legge 133/2008, e di 2mila scuole autonome cancellate impropriamente negli ultimi sei anni".
"Quella di confermare il dimensionamento delle scuole– conclude il sindacalista – è un scelta sbagliata, di cui anche questo Governo si dovrà assumere le responsabilità. Anche perché in questo modo si continua ad aggirare quanto stabilito dalla Consulta. Sarebbe stato opportuno ripristinare i valori concordati con le Regioni nel 1999: invece ora gli istituti con meno di 900 alunni saranno accorpati e perderanno il loro dirigente scolastico".
9 settembre 2013
--"Educhiamo alla musica per preparare l'artista ad affrontare il pubblico, educhiamo con la musica per preparare l'uomo ad affrontare la vita". Questo è il motto su cui l'Accademia dei Saperi Creativi della Pentakàris centra le sue attività didattiche e artistiche ed è anche il principio su cui basa il laboratorio di legalità programmato per il prossimo venerdì.
"Informeremo i giovani dei danni che può provocare certa musica, nello specifico evidenzieremo alla presenza di esperti del settore, la musica di mafia impropriamente chiamata musica popolare calabrese, veri inni alla cultura mafiosa – spiega il professore Martino Parisi presidente dell'associazione musico-teatrale Pentakàris - Una tematica molto scottante e ostica, poco analizzata e a volte anche evitata nei percorsi didattici, ma noi abbiamo il dovere essendo degli educatori e formatori, di trattare. Non esiste sicurezza, cittadinanza e partecipazione al di fuori di una diffusa cultura di legalità e i nostri ragazzi devono saperlo, dobbiamo spronarli a seguire questo percorso perché saranno loro un domani a gestire questa società".
Ecco l'esigenza da parte dell'Accademia dei Saperi Creativi di promuovere la cultura della legalità come valore guida nella crescita dei ragazzi attivando uno scambio e un dialogo costante dei giovani tra loro e con tutti quei soggetti in grado di fornire testimonianze e riportare esperienze significative di tutela della legalità.
L'accademia Pentakàris e l'Osservatorio sulla 'ndrangheta quindi, hanno organizzato il laboratorio di legalità "I giovani con la musica contro la mafia" per venerdì 13 Settembre alle ore 17,30 presso l'accademia dei Saperi Creativi sita in via Sacramento n.13 a Gallina dove si discuterà e ci si confronterà con esperti del settore. All'incontro di presentazione prenderanno parte il presidente dell'associazione Pentakàris Martino Parisi, il coordinatore Osservatorio sulla 'ndrangheta Claudio La Camera, l'imprenditore Filippo Cogliandro e il magistrato e sostituto procuratore DDA di Reggio Calabria Roberto Di Palma.
A chiudere il laboratorio al quale parteciperanno tanti giovani studenti del territorio, l'esibizione musicale del Corso di formazione per giovani strumentisti diretti dal maestro Bruno Tirotta.
GLI AGRICOLTORI DELLA PIANA SONO ORMAI IN GINOCCHIO ATTENDENDO IL RICONOSCIMENTO DEI DANNI DAL FORTE VENTO
AGRICOLTURA: PASSARE DALLE PAROLE AI FATTI
L'Assessore Provincia Gaetano Rao esorta Ministero e Regione
L'Assessorato Provinciale all'Agricoltura ha espletato gli accertamenti tecnici finalizzati alla delimitazione territoriale dell'area colpita dall'evento calamitoso ed alla quantificazione del danni subiti e della perdita di prodotto. Sono state redatte e compilate le apposite schede ministeriali all'uopo previste ed inoltrato la relativa domanda di dichiarazione dello stato di calamità.
Ci batteremo per l'accesso alle provvidenze del Fondo di Solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo 102 del 2004 e consentire alle aziende agricole interessate un minimo di ristoro. Da troppo tempo l'agricoltura della Piana di Rosarno è abbandonata a sé stessa ed alle sole possibilità degli imprenditori agricoli che oramai sono allo stremo delle loro forze e delle loro possibilità. Le altre istituzioni devono battere un colpo, se ci sono! A cominciare da quella regionale che deve riuscire a trasformare, nel più breve tempo possibile, i fondi comunitari da occasione persa a reale strumento di sviluppo per l'agricoltura della Piana di Rosarno. Continuiamo a subire una attenzione mediatica senza precedenti, per esempio sul tema della immigrazione, con caratterizzazioni non di rado negative. Ma nessuno interviene sulle reali problematiche che riguardano lo sviluppo e la crescita del comparto agricolo. Il Ministero e la Regione devono mostrare maggiore attenzione. È l'ora dei fatti e delle azioni.
L'Assessore Provinciale all'Agricoltura
Gaetano Rao
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